I RAGAZZI DELLA ROMA VIOLENTA (1976)

Regia/Director: Renato Savino
Soggetto/Subject: Renato Savino
Sceneggiatura/Screenplay: Renato Savino
Interpreti/Actors: Gino Milli, Cristina Businari, Emilio Lo Curcio, Sarah Crespi, Marco Zuanelli, Paola Corazzi, Enrico Tricarico, Vittorio Sgorlon, Francesco Pau, Mario Cutini, Gino Barzacchi, Alicia Bruzzo, Stefania D'Addario, Renzo Rinaldi, Adolfo Schauer, Annunziata Gregori
Fotografia/Photography: Aiace Parolin
Musica/Music: Enrico Simonetti
Montaggio/Editing: Roberto Colangeli
Suono/Sound: Bernardino Fronzetti, Pietro Ortolani
Produzione/Production: G.N. Cinematografica
censura: 68155 del 25-03-1976

Una Roma senza monumenti, senza respiro; una Roma citata dal titolo solamente come cornice in cui contestualizzare la narrazione, che non affronta una storia ben precisa con inizio, intreccio e scioglimento, bensì un excursus descrittivo di episodi sparsi attorno a due microcosmi separati ma intrecciati: da una parte un club di nazisti (-Io sono nazional socialista!-, dice con orgoglio uno dei protagonisti, interpretato dal belloccio Gino Milli, volto di un pugno di pellicole di genere anni settanta), che si riunisce in un appartamento borghese sulle cui pareti campeggiano puerili svastiche e foto del führer; club che s'intrattiene assistendo ad esibizioni quali amplessi con flipper o autofustigazioni per espiare colpe nei confronti di altri membri. Dall'altra parte un gruppetto di morti di fame che ha per covo una sporca cantina, che sbarca il lunario rubando e vivendo d'espedienti risolti in reciproci favori. Sono tutti giovani, ventenni o poco più. Le due bande, benché di differenti ideali ed estrazione sociale, si muovono nella metropoli della malavita spiccia, senza arte, con la violenza come soluzione alla noia e il sesso come sadismo. Una Roma che, in balia di tali individui, s'inquadra ironicamente come capitale all'avanguardia di un Paese.

Il giovane "nazional socialista" vive ai Parioli e viaggia in Jaguar. Ha una madre protettiva sempre pronta a esaudire richieste di denaro, e una villa al mare dove, con gli amici, sequestra e violenta ragazzine. I compari, tutti figli di gente-bene, lo emulano e accompagnano nelle imprese per ammazzare il tempo. Le rare discussioni di politica lasciano il tempo che trovano e sono utili solamente a delineare un vuoto di ideali denso solamente di cinismo fine a sé stesso. C'é l'amico omofobo che riesce ad eccitarsi solamente giocando al flipper, che forse nasconde tendenze omosessuali, non riuscendo a consumare con le ragazze; c'é la donna che alla dolcezza preferisce esser presa a schiaffi e violentata nei pasoliniani campetti della periferia urbana. Una sera ci scappa persino una spedizione punitiva di avvertimento ai danni di un anziano professore colpevole di far propaganda anarchica. Lo costringeranno a rinnegare i propri ideali stringendogli i testicoli con un paio di tenaglie.
Tra gli straccioni proletari che si riuniscono nella cantina, invece, emerge il forzuto Nerone, così soprannominato perché gli piace "il fuoco". Per campare estorce denaro a indifesi commercianti penetrando nei negozi, autolesionandosi in pubblico fino alla fuoriuscita di sangue, esasperandoli al punto che, per evitare scandali e disturbo alla clientela, accettano di accondiscendere alle sue richieste. C'è poi uno scansafatiche morto di fame che si fa imprestare un arpione marino per rubare polli attraverso le finestre altrui (scena riproposta pari pari nel film VITE PERDUTE del '92), e che, una volta scoperto, deve ripagare il furto convincendo squallide prostitute a buttarsi tra le braccia del derubato.
Così scorrono le giornate, in questo quadro di squallido sottobosco d'umanità deviata, fino all'ovvio sfociare nella tragedia annunciata.
Il film compie un percorso descrittivo nella vita e nelle imprese di questi sbandati giovani della Roma contemporanea. Non vi sono particolari critiche politiche, la narrazione rimane focalizzata sulle psicologie e imprese corali dei protagonisti, rappresentandole senza analizzarle, né indagando su possibili cause o rimedi al problema. C'è però un incipit, prima dei titoli di testa, in cui un cronista realizza interviste al mercato chiedendo opinioni sul tema della violenza giovanile. Le risposte della gente comune, o non possiedono argomenti, o traggono le sdegnose e reazionarie considerazioni sulla necessità della pena di morte; mentre in sovrimpressione in chiusura campeggia la frase: "Pur traendo lo spunto da alcuni fatti di cronaca, quanto raccontato nel film è completamente immaginario ed ogni omonimia è puramente casuale. Ma tutto ciò può realmente accadere e coinvolgere voi, la vostra famiglia… cosa fate per impedirlo?"
Realizzata negli anni dei sequestri di persona e dei delitti del Circeo, una pellicola in bilico tra il cinema verità d'indagine sociale (vengono in mente I RAGAZZI DEL MASSACRO di Di Leo o STORIE DI VITA E MALAVITA di Lizzani) e l'accattivante explotation alla ricerca di situazioni estreme che a tratti possono sembrare grottesche e stereotipate, e che, per questo motivo, provocarono all'epoca critiche sul falso spessore dei contenuti. Il poco prolifico regista, già autore di western, decamerotici, e del singolare GRAZIE, SIGNORE P… (P sta per "puttane"), spesso dietro lo pseudonimo Mauro Stefani, è qui all'ultima regia. La produzione è curata da Luigi Nannerini, noto per la serie di horror fine anni ottanta diretti da Fulci e per la serie, a basso costo, sempre horror, "Lucio Fulci presenta".
Nel cast pochi volti noti, a parte la Paola Corazzi di alcuni "nazi-porno" e Stefania D'Amario.


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