VINELLA E DON PEZZOTTA (1976)

Regia/Director: Mino Guerrini
Soggetto/Subject: Giorgio Bracardi, Dante Matelli
Sceneggiatura/Screenplay: Franco Castellano, Giuseppe Moccia [Pipolo]
Interpreti/Actors: Giorgio Bracardi (Max Vinella, sagrestano tuttofare), Armando Brancia (don Pezzotta), West Buchanan (padre Splendid), Marcello Di Falco (Tony, il valletto), Lia Tomas (Camilla, la perpetua), Marina D'Auria (Maria, la "brutalona"), Alberto Pudia (funzionario comunale), Costantino Carrozza (uomo che pittura il ponte), Aldo Alori, Massimo Francioni, Massimo Stazzi
Fotografia/Photography: Roberto Girometti
Musica/Music: Giorgio Bracardi, Roberto Mannoni
Costumi/Costume Design: Luciana Marinucci
Scene/Scene Design: Francesco Vanorio
Montaggio/Editing: Antonio Siciliano
Suono/Sound: Raffaele De Luca
Produzione/Production: F.P. Cinematografica, Cinematografica Sagittarius
Distribuzione/Distribution: Indipendenti Regionali
censura: 67869 del 28-01-1976

Intendiamoci bene, Vinella e Don Pezzotta non è certo un capolavoro, non è uno di quei film che se non li vedi ti manca qualcosa della storia del cinema italiano. No davvero. Ma è un film che per la generazione nata negli anni Sessanta ricorda lo strampalato umorismo diffuso dalle frequenze radio, alle 12 e 40 di ogni giorno feriale: Alto Gradimento condotto da Arbore e Boncompagni. Ora che amici bene informati mi dicono che tra Bracardi e Arbore si è incrinata l’amicizia d’un tempo, la cosa mi fa uno strano effetto, a metà tra nostalgia e rimpianto. Ma rivedere Bracardi interpretare Marx Vinella alle prese con l’arcigno quanto taccagno Don Pezzotta e con gli involontari tiri mancini giocati al buon Procaci Duilio, fa bene al cuore. Bracardi e Marenco sono stati la colonna sonora della mia adolescenza - grazie ad Arbore! - e i loro assurdi personaggi mi hanno fatto passare ore spensierate. Ricordo l’animale misterioso chiamato Scarpantibus, il fascista da operetta Catenacci, l’alunno Riccardino, il soldato Patroclo, il professor Aristogitone… e chi più ne ha più ne metta. Ricordo la magia di quella trasmissione a base di umorismo grottesco che profumava d’improvvisazione e genialità. Inutile dire che oggi riscoprire Giorgio Bracardi è come addentare una vecchia madeleine che mi permette di riassaporare con la memoria il mio tempo perduto. Veniamo al film, che dopo tutto questo preambolo pare la cosa meno importante.

Vinella (Bracardi) è un orrendo orfanello gettato nel secchio della spazzatura, adottato da Don Pezzotta (Brancia, doppiato da Garrone), il parroco di Santa Zitta, sobborgo romano più che inventato, e dalla perpetua Sora Camilla (Tomas), doppiata con una voce da baritono e vittima di assurdi scherzi. Ricordiamo Bracardi vestito da King Kong, Mummia, leone del Colosseo, bandito mascherato… Vinella cresce devoto del fantasioso San Pentolino, subito presentato in un sogno ambientato tra le storiche (per il cinema bis) cascate dei colli romani come santo laido e gretto. Infatti compie il miracolo di far apparire una pentola di spaghetti ma pretende di mangiarseli e non si sogna di condividerli. 
Vinella e Don Pezzotta si basa su un umorismo surreale ai limiti del blasfemo, irriverente e a tratti metaforico, quando nel finale mette in scena una rivolta degli umili contro i potenti, con tanto di miracolo di San Pentolino che spinge le scavatrici contro il potere e salva la parrocchia da sicura distruzione. Bracardi fa tutto da solo, scrive persino il soggetto con l’aiuto di Matelli e degli esperti sceneggiatori Castellano e Pipolo. Ne vien fuori una sorta di barzelletta movie, un film che anticipa in maniera originale il Pierino di Alvaro Vitali e Marino Girolami. Comicità slapstick dispensata a piene mani, torte in faccia, farsa sboccata, momenti esilaranti da cartone animato. Il film è composto da una serie di vignette comiche e diversi tormentoni: la bicicletta che cade o resta attaccata da qualche parte, le apparizioni di San Pentolino, le gare tra ragazzi (memorabili la partita di calcio, la gara di pernacchie e la pisciata più lunga). Il leitmotiv è la rivalità tra due parrocchie: quella povera di Don Pezzotta e quella ricca di un prete americano che vuole modernizzare la chiesa. Molte gare atletiche e di vario tipo tra le due parrocchie costituiscono la spina dorsale della pellicola, che vive di momenti esilaranti nel rapporto tra Vinella e il prete, ma anche nei contrasti rituali con Procacci Duilio. Musiche bizzarre sempre a cura di Bracardi che fa proprio tutto da solo e forse avrebbe avuto bisogno di un’adeguata spalla comica, che non si rintraccia tra gli altri personaggi. La vocina stridula di Vinella riecheggia con il suo: chiapala! chiapala! pa! pa! seguita dal classico gesticolare.  Originale il finale teatrale con la presentazione degli attori che sfilano davanti alla macchina da presa. Mino Guerrini se la cava con diligenza, come tradizione nei film comici dove a decidere non è mai il regista ma il protagonista della pellicola, che in questo caso è persino autore di soggetto e musiche. Da riscoprire.
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