Regia/Director: Matteo Garrone
Soggetto/Subject: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Luciano Roviello
Sceneggiatura/Screenplay: Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
Interpreti/Actors: Aniello Arena (Luciano), Loredana Simioli (Maria), Nando Paone (Michele), Nunzia Schiano (zia Nunzia), Nello Iorio (Massimone), Giuseppina Cervizzi (Giusy), Rosaria D'Urso (zia Rosaria), Graziella Marina (mamma Luciano), Raffaele Ferrante (Enzo), Carlo Del Sorbo
Fotografia/Photography: Marco Onorato
Musica/Music: Alexandre Desplat
Costumi/Costume Design: Maurizio Millenotti
Scene/Scene Design: Paolo Bonfini
Suono/Sound: Maricetta Lombardo
Montaggio/Editing: Marco Spoletini
Produzione/Production: Archimede, Fandango, Le Pacte, Garance Capital, Rai Cinema, Sofica Soficinéma 7, Coficup, Backup Films, Cinémage 3, La Sofica Manon 2, Canal +
Distribuzione/Distribution: 01 Distribution
Vendite all'estero/Sales abroad: Fandango Portobello Sales
censura: 106530 del 25-09-2012
Luciano è un pescivendolo che vive e lavora a Napoli. Di carattere socievole, è sempre pronto ad esibirsi durante le feste, le ricorrenze familiari e davanti ai clienti della pescheria. Divide la sua modesta casa con tutti i suoi numerosi parenti e aiuta la moglie che vende robot casalinghi in un centro commerciale. Con lei arrotonda le entrate attivando qualche compravendita illegale dei robot commercializzati.
Spinto dalla famiglia, un pomeriggio, viene coinvolto in un provino per la selezione dei concorrenti del "Grande fratello". La convocazione che segue per un'ulteriore prova di conferma e qualche tenue speranza di partecipare alla trasmissione televisiva provocano in lui una aspettativa ossessionante di essere convocato nella famosa casa a tal punto da indurlo a vendere l'attività e condizionare negativamente i rapporti con amici e familiari, con conseguente incrinamento del suo equilibrio mentale.
Nel finale aperto scopriremo se riuscirà ad entrare...
Dopo "Gomorra" del 2008 che ha definitivamente consacrato, con prestigiosi premi e con il seguito del pubblico, Matteo Garrone come uno dei più bravi e preparati registi italiani, spettatori e critica aspettavano il regista e il suo nuovo film per verificarne il talento e la capacità di rinnovare il racconto delle tematiche sociali e di impegno filmate fino ad allora. "Gomorra", infatti, non è altro che l'ultima tessera del puzzle che vanta, per citarne alcuni, film e film/documentari quali "Estate romana", "Oreste Pipolo fotografo di matrimoni", "Ospiti" e "Terra di mezzo", girati dal 1997 al 2000. Il vostro recensore li ha visti con ammirato stupore per il risultato e la capacità di racconto. Film poveri, ma storie di personaggi veri, a volte disillusi che emozionano lo spettatore.
Dunque, a quattro anni da "Gomorra", Garrone esce nelle sale con "Reality"; matrice da commedia amara che non tradisce le aspettative ed esalta il valore del racconto di vite e di luoghi della Napoli dei giorni nostri, ove prevale il dialetto e i personaggi veri.
A scanso di equivoci che il titolo potrebbe generare, "Reality" non è un film sulla televisione, ma sulla vita vissuta, pur degenerata dal messaggio televisivo, di un gruppo di persone in un povero quartiere della città; non è un film su "Il grande fratello", programma e luogo televisivo di finzione e bugie, ma l'avventura di un sogno del protagonista trascinato nell'inganno mediatico e sbranato dalla attrazione delle sirene televisive invisibili che promettono denaro e gloria, ma che non mantengono nulla. Luciano non è Ulisse e non si libererà mai più dalla attrazione fatale che, invece, lo renderà ineluttabilmente schiavo; come schiavi, a orwelliano insegnamento, dovremmo essere tutti noi.
Come il reality televisivo è il kafkiano luogo della irrealtà, così Garrone trasferisce la messinscena nella reale aspettativa di Luciano di essere chiamato nel più finto degli show per trovare il riscatto della sua vita di piccolo uomo tra pochi mezzi e truffe minute.
Facciamo il tifo per lui, ma con tristezza, perchè non ci sara nè artificioso successo, nè coscienza del proprio riscatto.
Luciano entra nella sua fiaba che lo conduce a vivere per la speranza di entrare nella "casa" del lieto fine. Fiaba che diventa incubo fino a perdere la ragione, apologia dell'uomo pirandelliano.
Vuole la televisione perchè lo spettacolo non imita più il reale, ma è il reale che è al servizio e costruisce la televisione.
Tutto il film, così, diventa il reality; ovvero la vita di Luciano che rappresenta se stessa e che, a poco a poco, diventa il suo "Grande fratello".
Garrone ci porta per mano, piano piano, dalla Napoli che respira problemi e feste, al dramma finale del protagonista.
L'inizio filmico è folgorante: la mdp. ci porta in piano sequenza, girato dall'elicottero, dal piano lunghissimo della bella Napoli solare, via via, al campo medio che accompagna una corrozza con due neo sposi dentro al pacchiano e fintissimo allestimento del loro matrimonio in un Centro-sposi, dove la catena di montaggio della festa, tra paggi camerieri e damine settecentesce, si apre alle strutture di cartongesso e plastica; nessuna tregua per noi che siamo accompagnati nell'atmosfera dell'incubo della finzione ove Luciano e i suoi parenti sono a proprio agio e ballano, ballano divertiti.
Per tutto il film, proprio cone nei veri reality, l'inquadratura insegue corpi, visi, ombre, attaccata, quasi incollata ai personaggi di cui percepiamo aliti, pensieri, anima. Dal set della vita, luoghi fatiscenti dove abitano Luciano e famiglia, al set dei luoghi del divertimento, discoteche fintamente preziose, di plastica, in cui cerca di vivere qualche momento di luce.
Nella prima parte c'è un pò di neorelismo e conosciamo cose, comportamenti e personaggi alla Ciprì e Maresco, ma è un trucco perchè il mondo di Orwell incombe su quel poveretto e gli distruggerà vita e sentimenti. Il carrello impietoso percorre la fila infinita degli aspiranti allo show, finte umanità capaci di diventare, a comando, macchine per lo spettacolo, per i soldi, per il successo di pochi giorni. Farsi riconoscere per scomparire sconosciuti. Luciano, nel sogno o nella realtà, non sta a noi stabilirlo, entrerà nella famosa casa, nuova religione moderna, invisibile ai concorrenti e agli spettatori della TV, impazzito e travolto dal destino, ma soddisfatto per aver trovato finalmente il suo oblio.
Nel finale aperto, diverso da quello previsto dalla sceneggiatura originale, sta allo spettatore trarre gli insegnamenti e le conclusioni di questo folle viaggio nelle illusioni della nostra irreale realtà.
"Never give up"-"Non arrenderti mai" ripete come in un mantra l'ex concorrente a Luciano e vogliamo credere che esista sempre la speranza di capire dove siamo e cosa vogliamo fare.
Attori all'altezza del compito; Aniello Arena che interpreta il ruolo di Luciano ha imparato a recitare in carcere e se la cava benissimo.
Musica ipnotizzante e fotografia curata e luminosa.
Garrone compone una commedia amarissima e magnetica. Tratta i sentimenti come ha trattato la violenza in "Gomorra", all'estremo, ma con intelligenza e capacità, senza strafare. Ci rende osservatori partecipi di questa fiaba con taglio realistico.
Supera brillantemente la prova del dopo "Gomorra".
Dziga Vertov, nel 1926, girò "Il cineocchio"-sorta di documentario sulla Russia di quel periodo-, ovvero-sue parole-" ciò che l'occhio non riesce a vedere, il microscopio e il telescopio del tempo. Il Kinoglaz come possibilità di rendere visibile l'invisibile, di rendere chiaro ciò che è oscuro, palese ciò che è nascosto, di smascherare ciò che è celato, DI TRASFORMARE LA FINZIONE IN REALTA', DI FARE DELLA MENZOGNA LA REALTA' "
Garrone, con questo film, ci dà una mano ad aprire gli occhi; il Cinema, non la televisione, è il veicolo per poter capire e pensare.
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