- THE EVIL INSIDE (2015) di Carlo Baldacci Carli - recensione del film


The evil inside (2015) di Carlo Baldacci Carli
Una serie di persone vengono invitate da un notaio in un antico castello toscano perché hanno ereditato la vecchia magione da un lontano parente, appartenente al nobile casato dei Cavendish. Già dalla prima notte di soggiorno, per gli ereditieri,  le cose inizieranno a mettersi male... Il regista livornese Carlo Baldacci Carli, scrittore di romanzi e racconti horror e noir, si lancia in questo progetto con piglio coraggioso. Gira “The evil inside”, un gotico, quando da almeno 40 anni il genere, almeno in Italia, è morto e sepolto. Il cinema gotico italiano ha avuto il suo unico momento di prolificità e relativo splendore negli anni Sessanta. Sono stati prodotte poche decine di film inquadrabili in questo sotto-genere: pochi i capolavori, molta mediocrità…e qualche simpatico “scult”. Dopo i sixties nulla, o quasi. Il coraggio di Baldacci Carli è doppio, se possibile: unisce al genere gotico quello fantascientifico. Antichi castelli e civiltà aliene, insomma. Una commistione alquanto singolare, quasi unica. Altra nota estremamente positiva di “The evil inside” è la location, lo splendido castello settecentesco di Sammezzano, in provincia di Firenze. Una facciata imponente munita di una torre centrale e i magnifici interni, con soffitti e pareti abbelliti da decorazioni mozzafiato. Il castello in passato è stato il set di pellicole di registi più che illustri: Chabrol, Pasolini, Margheriti, Matteo Garrone.
Il coraggio di disseppellire un genere ormai defunto, una sceneggiatura per certi versi originalissima, un cast tutto sommato decente e la presenza di una location da urlo non bastano a fare di “The evil inside” un buon film. Se non si riescono minimamente a rinverdire i fasti dei migliori gotici italiani (quelli di Bava, Freda e Margheriti, per intenderci), non si riesce nemmeno ad accaparrarsi la targhetta di guilty pleasure potenzialmente adorabile dai nerds horrorofili. Non si raggiunge insomma il livello simpaticamente ed irresistibilmente trash e scult dei vari gotici di Batzella, Polselli o Pupillo. Però, in alcune sequenze, un po’ ci si avvicina al verbo di Polselli e soci. Memorabile infatti la sequenza di un cetriolo volante (!!!) che si infila nella bocca di uno dei protagonisti. Oppure la sequenza di una coltellata dove il sangue, per via dei pessimi effetti speciali, una volta schizzato via dalle ferite, rimane quasi sospeso in aria. O gli FX che “trasformano” il volto di una donna in una demone, molto più buffi che inquietanti. Per non parlare dell’uomo-albero nel gran finale. Il problema è che, scene trash a parte, tutto il resto (dialoghi, soluzioni di regia, sviluppo del racconto) è abbastanza sciatto, anonimo, para-televisivo. Nei vecchi gotici tricolori malriusciti (spesso volutamente malriusciti) ogni fotogramma profumava di serie Z. Qui no. Ma forse erano altri tempi. Per “The evil inside” un’occasione mancata, sia nel restituire nuova linfa vitale al gotico italiano, sia nel creare un guilty pleasure per gli amanti dei midnight movies.

Regia: Carlo Baldacci Carli; Soggetto: Carlo Baldacci Carli; Sceneggiatura: Carlo Baldacci Carli; Interpreti: Vittorio Boscolo (John Cavendish), Cosetta Turco (Elena Ferretti), Igor Biddau (big man), Rossella Ambrosini (Viktoria Cavendish), Tim Daish (Marcus Cavendish), Alice Ceccarini (Annabelle Stuart), Alessandro Piantini (Thomas Villenueve), Stefano Manca (Gambler), Roberto Caccavo (the noble man), Michele Manca (Gambler), Aurelia Bonta (Sonja), Riccardo Sati (Gambler), John Dobrynine (Peter Cavendish/Simon Cavendish), Alessandro Scaretti (Philip), Antonio D’Onofrio (italian gallery owner); Fotografia: Ivan Rossi; Musica: Sursumcorda; Costumi: Daniele Davitti e Cristina Ricci; Scenografia: Federico Materassi e Carlo Staderini; Montaggio: Giulio Frediani; Suono: Lorenzo Cardelli; Produzione: Igor Biddau (producer), Gianluca Pirazzoli (co-producer), Carlo Baldacci Carli (executive producer), Marco Lanzarini (co-executive producer), Marie Adler (executive producer)

Recensione di
Massimo Bezzati

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