Regia/Director: Salvatore Bugnatelli
Soggetto/Subject: Salvatore Bugnatelli
Sceneggiatura/Screenplay: Salvatore Bugnatelli
Interpreti/Actors: Giuseppe Pollaci, Antonio Morgano, Paolo Giordano, Luciana Frazzetto, Francesco Meli, Silvana Sodo, Cesare De Vito, Ugo Chiaramonte, Paola Sangenesi, Maurizio Nigri, Viviana Cavaterra, Simona Dell'Aquila, Sofia Cecchini, Femi Benussi
Fotografia/Photography: Felice De Maria
Musica/Music: Roberto Anselmi
Montaggio/Editing: Salvatore Bugnatelli
Produzione/Production: A.R. Cine International Film
Distribuzione/Distribution: A.R. Cine International Film
censura: 77914 del 30-06-1982
Un attore di cabaret torna a casa e confessa la propria frustrazione alla moglie: gli è stato proposto di interpretare un film hard. La moglie, stanca di far la fame, e con l'ingiunzione di sfratto, non solo lo convince ad accettare la scrittura, ma si propone anche lei come attrice. Parallelamente e anacronisticamente, in un'assurda sala di montaggio, un montatore di film hard, supportato da un'aitante assistente e da un uomo "cretino" chiamato Cretinetti (Tony Morgan), rompe le barriere di continuità e finzione aprendo un lungo e intervallato sipario metacinematografico nel quale spiega al pubblico come avviene il montaggio di un porno. La prima lezione riguarda l'inserimento di un fallo all'interno di una casta ripresa: se gli attori si rifiutano di essere espliciti, la pellicola viene tagliata nei punti giusti e vi saranno apportati inserti hard accuratamente catalogati e distinti (cosa che accadeva realmente). Si spiega che perfino la scelta delle misure di un fallo è proporzionale alle fattezze fisiche dell'attore, affinché risulti credibile. Il montatore, tra una gag e l'altra (Cretinetti si profonde in ebeti smorfie sbirciando sotto la gonna dell'assistente, mentre irrompe in continuazione un cameriere effeminato del bar all'angolo il quale ogni volta sbaglia a consegnare l'ordinazione, scambiando banane per caffè) prosegue la conferenza sul porno, illustrando vari spezzoni di repertorio e divagando su un tenue sproloquio contro la censura, accusata di proibire indiscriminatamente le gioie e le libertà del sesso.
Si tornano a raccontare le imprese dell'attore hard, ricordando il suo passato attraverso alcune sequenze virate in seppia. Dopo aver fatto carriera nel porno, egli è ricco e vive in un'elegante dimora insieme alla moglie. Nella villa si organizzano feste, e le conversazioni dei partecipanti, dalle annoiate amiche della moglie agli altrettanto annoiati adolescenti, vertono immancabilmente sul medesimo argomento: il cinema hard e il morboso desiderio di vedere questi film proibiti, ostacolato dalle proibizione dalla censura. Curioso come soltanto agli uomini sia concessa la visione di questi film: per gli adolescenti vige il divieto imposto dall'età, e per le donne vige il divieto "morale".
Dopo l'horror erotico DIABOLICAMENTE… LETIZIA, il regista Bugnatelli, nel 1983, recupera il girato di un film inutilizzato e lo monta insieme ad immagini di sé stesso in moviola, e realizza questo MIZZZZICA… MA CHE E' PROIBITISSIMO?. Di hard non c'è nulla, e le battute comiche non fanno ridere, così che il film, sorretto solamente poiché racchiuso da una sigla di titoli di testa e di coda, precipita nel surreale. E' un film ibrido, di montaggio, nato per salvarne un altro mai finito, a metà tra la finzione e il documentario. Scarno, lento, e con un montaggio prolisso con inutili raccordi (asciugamani appesi al muro, vasi di fiori e comodini), è motivo di interesse soltanto come tentativo di descrivere un'epoca e una proibitiva branchia del cinema italiano. Ma l'operazione è controproducente. Se l'intento era quello di sollecitare una maggior liberalizzazione della censura, fallisce: maschilista e ingenuamente razzista (nei confronti dell'omosessualità e della donna), non brilla di critica sociale, si dimostra anzi compiacente di una società e di un modo di pensare retrogradi; un fallimento intellettuale che non offre spunti di emancipazione, se non l'effetto contrario, quello di prendere gratuitamente in giro il potere della censura senza validi argomenti per contraddirlo, rendendolo così più forte e, per certi aspetti, giustificandolo. Non erano certo opere come questa a scandalizzare le commissioni. Involontario manifesto di un'epoca, possiede una vaga valenza nostalgica per chi frequentava le sale cinematografiche "a luce rossa". A pochi minuti dalla conclusione compare, in un piccolo ruolo, Femi Benussi.
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