SUPERANDY - IL FRATELLO BRUTTO DI SUPERMAN (1979)

Regia/Director: Paolo Bianchini
Soggetto/Subject: Leone Colonna
Sceneggiatura/Screenplay: Leone Colonna, Sergio Salvati
Interpreti/Actors: Paul Luotto André (Superandy), Christian Esposito (Tommy), Eurilla Del Bono (Marthy), Antonio Guidi (Antonio), Adriana Bruno (Maria), Gino Santercole (Superkid), Silvia Annicchiarico (Madre Trypton), Patrizia Schisa (bionda superkid), Angelo Pellegrino, Pino Licastro, Michele Mirabella, Guido Spadea, Jacques Stany (cuoco francese)
Fotografia/Photography: Sergio Salvati
Musica/Music: Paolo Casa
Costumi/Costume Design: Cinzia Fabbri
Scene/Scene Design: Paolo Rota
Montaggio/Editing: Paolo Boccio
Suono/Sound: Candido Raini
Produzione/Production: Filmedia - Studio e Realizzazione Audiovisivi
Distribuzione/Distribution: Titanus
censura: 73594 del 29-05-1979

Credo che soltanto alla fine degli anni Settanta fosse possibile concepire un simile prodotto, un flop più che prevedibile, cinematografia trash allo stato puro, ricca di nonsense  e di battute assurde. Paolo Bianchini (1931) apprende il mestiere da Zampa, Simonelli, Patroni Griffi, Andrei, Rondi, Bolognini, esordisce con il bellico Sette contro la morte (1966), per dedicarsi al cinema commerciale e alla pubblicità. Citiamo altri due titoli tra western ed erotico: Dio li crea… io ti ammazzo! (1968), Decameron n. 4 (1973)… I suoi lavori migliori - secondo Roberto Poppi - sono il documentario collettivo L’addio a Enrico Berlinguer (1984) e La grande quercia (1997), rimasto quasi inedito. Nel 1997 gira un soggetto parodistico - fantastico dal taglio infantile sceneggiato da Leone Colonna e punta tutto sul personaggio Andy Luotto, lanciato da Renzo Arbore nella trasmissione L’altra domenica. Il comico era famoso per i suoi buono - no buono, per i lunghi silenzi, per le smorfie allampanate, per irripetibili espressioni gutturali, insomma, per una comicità del tutto surreale. Non poteva durare, anche se agli adolescenti del tempo piaceva un sacco. Andy Luotto ha trovato la sua vera strada, oggi è un abile chef, spesso ospite televisivo per consigliare ricette, ma non disdegna ruoli da attore e da doppiatore. In ogni caso negli anni in cui lo abbiamo visto al cinema e in televisione ha fatto cose divertenti. Lo ricordiamo nel cast de Il Pap’occhio (1980), come lettore di un telegiornale arabo, ma anche in altri film (Mortacci, Il mistero di Bellavista…) e in alcune trasmissioni televisive al fianco del suo mentore Arbore. Superandy è il suo unico film da protagonista, che lo vede impegnato in una parodia di Superman, citato soltanto nel titolo, forse per un problema di diritti.
Andy viene lanciato sula Terra dai genitori che vivono sul pianeta Krypton, a bordo di una culla spaziale, per salvarlo da morte certa.  Viene ritrovato da una coppia di coniugi che lo alleva insieme al figlio (Esposito). Il problema è che Andy è già sviluppato, ha persino la barba, ma vuol dormire con i genitori, succhia il seno materno e comincia a mostrare i suoi poteri. Superandy ha un fratello bello: Superkid (Gino Santercole), che vive a Los Angeles e lavora in televisione, pure lui salvato dall’esplosione del pianeta Krypton. Gran parte della storia riguarda i loro incontri, ai limiti del trash, con effetti speciali risibili ma coraggiosi. Superandy indossa una tutina giallorossa e vola, pugno in avanti, con uno schermo alle spalle che mostra i luoghi visitati. Vive una storia d’amore con una ragazza che salva insieme al suo gattino dalla caduta dal tetto e deve vedersela con una banda di cattivi da fumetto che vorrebbe farlo fuori. Il suo rivale è il produttore di Superkid, un altro arboriano come Michele Mirabella, che non accetta rivali nel mondo dei supereroi. Tutto molto buffo: la vista a raggi X di colore verde (pellicola impressionata), la supervelocità e la forza sovrumana, come la partita di calcio che Andy vince da solo e il football americano dove si libera con poco sforzo di veri colossi. Comicità slapstick, fast-motion, sequenze da cartone animato e soggetto da fumetto di terza categoria. Battute di Santercole come: “Se mi levo questa cazzo di tutina cosa faccio? Mi metto a cantare?”. Notare che Santercole, in realtà, è soprattutto un cantante. Andy: “Senti la musica?” Santercole: “Chi è che la suona?”. Andy: “È la colonna sonora del film!”. I poteri di Superandy sono quasi da mago, fa apparire gli oggetti e le persone che desidera in ogni luogo, si teletrasporta, scompare e riappare dove crede. E poi ci sono diversi balletti a base di tip tap, valzer, tango, rock, scontri a suon di laser con tute carbonizzate, cianuro che fa andare di corpo, mitragliate che fanno il solletico, pallottole fermate al volo. Il finale vede Superandy liberare la sua donna dai rapitori, tornare a casa con lei e impiegarsi come trasportatore di merci. Il massimo del surreale si raggiunge con l’ultimo incontro tra i due fratelli, in mezzo alle nuvole, a chiacchierare con i santi. La troupe si sarà divertita un mondo a girare un simile film, un po’ meno il pubblico, che adesso può andarlo a cercare solo come un reperto archeologico, come un pezzo di storia di un cinema italiano dimenticato. Girato a Roma, soprattutto all’Eur, con alcune sequenze a Villa Adriana, Tivoli.
La critica stronca il film. Marco Giusti su Stracult lo definisce “terribile”, “L’idea non è male ma gli effetti speciali non esistono, la sceneggiatura e la messa in scena sono così sciatti che il film non fa mai neppure sorridere”. Il suo giudizio è più caustico di quanto scrive Paolo Mereghetti (una stella): “Parodia sgangherata e puerile di Superman, che si ispira vagamente a Vip mio fratello superuomo di Bozzetto”. Una stella anche per Morandini, mentre Farinotti ne concede addirittura due.

Recensione a cura di:

Commenti