RATATAPLAN (1979)

Regia/Director: Maurizio Nichetti
Soggetto/Subject: Maurizio Nichetti
Sceneggiatura/Screenplay: Maurizio Nichetti
Interpreti/Actors: Maurizio Nichetti (Colombo), Angela Finocchiaro (ragazza degli stracci), Edy Angelillo (ragazza del robot), Roland Topor (boss), Lydia Biondi (donna incinta), Giorgio White (segretario del boss), Umberto Gallone (maestro di danza), Giorgio Caldarelli (uno di "Quelli di Grock"), Heidi Hansen (una di "Quelli di Grock"), Claudio Intropido (uno di "Quelli di Grock"), Maruska Mottlova (una di "Quelli di Grock"), Osvaldo Salvi (uno di "Quelli di Grock"), Serena Sartori (una di "Quelli di Grock"), Dario Sereni (uno di "Quelli di Grock"), Jone Greghi (proprietaria del chiosco), Enrico Grazioli (impresario), Gaetano Porro (membro italiano della commissione)
Fotografia/Photography: Mario Battistoni
Musica/Music: Detto Mariano
Costumi/Costume Design: Maria Pia Angelini
Scene/Scene Design: Maria Pia Angelini
Montaggio/Editing: Giancarlo Rossi
Produzione/Production: Vides Cinematografica
Distribuzione/Distribution: Cineriz Distribuzione
censura: 73997 del 14-09-1979

Nessuno avrebbe mai scommesso che nel 1979 il famoso produttore Franco Cristaldi finanziasse con poco più di cento milioni Ratataplan, opera prima di Maurizio Nichetti.
Eppure il film presentato in anteprima a Venezia con guadio e gradimento del pubblico e della critica, in anticipo sui tempi.
Ciò che oggi come allora lascia sorpresi di questo successo è che di fatto Ratataplan è un film anomalo, completamente fuori dai canoni della commedia all’italiana; un film che privilegia il canale visivo e celebra la comicità plastica del muto (Mack Sennett, Buster Keaton) basata sulla gag affidata all’azione e al gesto. Non si tratta però in tutto e per tutto di un silent film, dato che la colonna sonora, i suoni in e off e qualche dialogo sono pur presenti, ma è comunque un film che già a partire dal titolo rivela la voluta scelta di non comunicare attraverso le parole; e a non parlare per tutto il film è il protagonista Nichetti, ovvero ingegner Colombo, personaggio clownesco, bocciato a un esame attitudinale per avere avuto troppa fantasia nel disegnare il famoso albero, riprodotto poi nei titoli di testa dalle animazioni di Guido Manuli.
Lo spettatore segue poi Colombo nelle sue avventure alla ricerca di un nuovo lavoro e le sequenze hanno una struttura episodica, già viste in un’altra slapstick comedy di tutt’altro genere, quella del ragionier Fantozzi.

L’episodio che più si ricorda del film è quello del bicchier d’acqua, per la sua vena e carica surreale, esempio che richiama quella comicità lombarda del Pozzetto regista (Saxofone, Volatore d’aquilone) o del primo Francesco Nuti. Nichetti, però, marca e disegna un territorio più ampio di interpretazioni e di letture satiriche. Ciò che è rilevante del bicchiere d’acqua, richiesto con urgenza a un meeting aziendale, dove uno dei presenti ha un malore, non è tanto la sua trasformazione in un vomitevole intruglio fatto di vernice bianca, escrementi, gas di scarico, quanto che quest’acqua sporca poi diventi magicamente una pozione miracolosa per malati e paralitici.
Ed ecco quindi la satira surreale del regista sulle suggestioni mediatiche o popolari, che rende giustizia al suo personaggio, facendo diventare il chioschetto dove egli lavora come barista una meta di pellegrinaggio per bisognosi. Tutti a cercare il famoso bicchier d’acqua inquinato, che viene trattato e riprodotto su richiesta.
Si prosegue poi con un lungo esterno dove una sgangherata compagnia teatrale di strada (quelli di Grock) improvvisa uno spettacolino in campagna, un’amena sequenza di sapore molto felliniano, simile a quella che descrive i vari tipi umani della casa di ringhiera dove abita Colombo (il professore di danza, la donna meridionale che chiama il marito “Salvatò!”, bambini discoli, un uomo impassibile e immobile come pietra).
Per poi concludere con la messa in scena dell’amore, con Colombo che per conquistare la sua vicina di casa di cui è innamorato (un’acerba quanto brava Edy Angelillo) costruisce un robot con le sue sembianze che esca al suo posto con lei. Insomma, una laurea in ingegneria deve pur servire a qualcosa….
L’esito della vicenda sarà alquanto disastrosa quanto comica.
Nichetti, che scrive, dirige e interpreta il suo film in pieno spirito Nouvelle Vague, ci dà un affresco della società dei suoi tempi, affrontando problemi seri come quelli della disoccupazione o dell’incomunicabilità tra i giovani, senza una lezione magistrale, ma con garbate allusioni e strizzate d’occhio. Poi chi deve capire capisca!
Affidatosi a una troupe di amici e di ex colleghi della scuola di mimo, tra cui Angela Finocchiaro, Roland Topor, il Nichetti d’esordio è ancora un po’ acerbo, ma con il gusto dello sperimentalismo postmoderno che celebra e ricorda la dignità e la ricchezza espressiva del cinema italiano.

Il film è stato pubblicato in DVD per la Cristaldi Film.

Recensione a cura di :
Guido Colletti

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