JONATHAN DEGLI ORSI (1993)

Regia/Director: Enzo Girolami [Enzo G. Castellari]
Soggetto/Subject: Franco Nero, Lorenzo De Luca
Sceneggiatura/Screenplay: Enzo G. Castellari, Lorenzo De Luca
Interpreti/Actors: Franco Nero (Jonathan degli orsi), Floyd Redcrow Westerman (Tawanka), David Hess (Maddock), Rodrigo Obregon (Kaspar), Clive Riche (Lizaro), Marie Louise Sinclair (Lena), Enio Girolami (Van Strecht), Bobby Rhodes (Williamson), Boris Khmelnitski (Lynch), Victor Gainov (Bolo), Segura Knifewing (Chatow), Melody Robertson (Shaya), Igor Alimov (piccolo Jonathan), Layla, John Saxon (Fred Goodwin), Alexandr Gisnevski (acrobata), Igor Laptiev (acrobata), Michail Tirdis (acrobata), Vladimir Karpovic (acrobata), Andrej Tirgat (acrobata), Orland Mongus (acrobata), Jurij Beliaiev (acrobata), Alexandr Volkov (acrobata), Serghej Jiamarov (acrobata), Vasilij Fiodorov (acrobata), Serghei Basin (acrobata), Ghennadij Lankov (acrobata), Maria Nazarowa (acrobata), Sergheij Jiemelianov (acrobata), Vladimir Balin (acrobata), Alexandr Fedin (acrobata)
Fotografia/Photography: Michail Agranovich
Musica/Music: Alexander Biliaev, Clive Riche, Fabio Costantini, Knifewing Segura
Costumi/Costume Design: Paola Nazzaro, Tatiana Ilievtzeva, Elena Kramova
Scene/Scene Design: Marxen Gaukhman Sverdlov, Marco Dentici
Montaggio/Editing: Alberto Moriani
Suono/Sound: Eughemij Nekrassov, Massimo Pisa, Jan Patowsky, Gianni D'Amico
Produzione/Production: Viva Cinematografica, Silvio Berlusconi Communications, Project Campo J.V., Moskva
Distribuzione/Distribution: Penta Film Distribuzione
censura: 89354 del 21-03-1994

Enzo G. Castellari è forse il più americano dei registi italiani, votato da sempre al cinema d'azione, sia western che poliziesco, con sconfinamenti nel bellico (Quel maledetto treno blindato, 1977). Amato da Tarantino, che lo cita a più riprese, soprattutto in Bastardi senza gloria (2009), e lo considera un maestro. Jonathan degli orsi è un ottimo western crepuscolare, girato tra le montagne e le steppe russe di Alabino (Mosca), che ricorda i fasti di Keoma (1976), ma anche il nordamericano Balla coi lupi (1990) di Kevin Costner, giocando molto con il meccanismo del flashback che alterna ricordi del passato a tempo presente.
Jonathan è un mezzo sangue indiano, cresciuto tra gli orsi e i Dakota, dopo che alcuni banditi gli hanno barbaramente ucciso i genitori. Il regista racconta l'infanzia del bambino ricorrendo a un meccanismo narrativo caro a Ingmar Bergman, realizzando una sorta de Il posto delle fragole (1957) in salsa western, con il protagonista invecchiato che torna sui luoghi del passato e li osserva da spettatore esterno, rimembrando eventi luttuosi e momenti felici. Jonathan vive per la vendetta, ma è un uomo giusto, consapevole che la pace tra bianchi e indiani sia un sogno impossibile, ma pensa che vada ricercata. Il film è un apologo antirazzista, dalla parte degli indiani e dei neri, mai sdolcinato e romantico, ma spesso crudo e senza speranza (si veda la sequenza della morte dei genitori, ma anche l'uccisione di un bambino indiano). Le sequenze iniziali composte da ricordi sono fotografate in un bianco e nero anticato, color seppia, per poi tornare al colore quando il bambino seppellisce i genitori al tramonto. Musica country e fotografia poetica sono due valori aggiunti di un film che presenta un montaggio un po' troppo compassato, ma che conferisce un maggior realismo di fondo. Paesaggi russi che si prestano bene, tra corsi d'acqua e steppa, a incarnare l'essenza del vecchio west polveroso e fangoso, lontano mille miglia dal cinema nordamericano e in perfetta sintonia con l'opera di Sergio Leone. Ottimi gli attori. Franco Nero è fantastico: sguardo glaciale, occhi azzurri, vestito come ai tempi di Keoma (pure lì avevamo un ritorno alle origini e una vendetta), sembra che per lui il tempo non sia passato. Il ruolo da protagonista gli calza a pennello, anche se non tutta la critica è concorde. I cattivi sono straordinari, soprattutto John Saxon, perfido petroliere che vorrebbe sterminare gli indiani ma viene sconfitto da Jonathan, e anche David Hess, pure se  sottoutilizzato. Scenografia curata, dal villaggio indiano ricostruito alla perfezione, a usanze e riti descritti con dovizia di particolari, per finire con il paesino western dotato di immancabile saloon e strade fangose (stile Django di Corbucci, 1966). Non per niente il film è dedicato a Sergio Corbucci. Il tono della narrazione è poetico e altisonante, da melodramma, spesso sembra citare la tragedia greca e persino la passione di Cristo, quando Jonathan viene legato a una croce. Western ecologico, a tratti, soffuso di amore per gli animali, ma anche cinema colto e opera d'autore, cosparsa di tanti rimandi psicologici di vago sapore proustiano. Jonathan degli orsi è anche western per ragazzi, ma intelligenti, perché il protagonista bambino facilita l'immedesimazione; al tempo stesso è cinema della vendetta, una sorta di rape & ravenge in salsa western. Non può mancare l'amore per la ragazza indiana, un rapporto fatto di sguardi e carezze, privo di parole, che rappresenta un momento di crescita per Jonathan. Un film ricco di scene d'azione, momenti acrobatici ben realizzati e un insolito duello tra buono e cattivo in un luogo chiuso, caratteristica western di Castellari. Buon uso del rallenti (altro tratto d'autore) e della soggettiva, mentre di tanto in tanto fa capolino uno zoom anni Settanta. Un western fuori tempo massimo ma non per questo meno interessante, ben girato, scritto e sceneggiato da Castellari, su un soggetto originale scritto da Lorenzo De Luca, un esperto di cinema che infonde nella storia tutto il suo amore per il genere, e dall’interprete principale Franco Nero.

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