BRANCALEONE ALLE CROCIATE (1970)

Regia/Director: Mario Monicelli
Soggetto/Subject: Agenore Incrocci [Age], Furio Scarpelli, Mario Monicelli
Sceneggiatura/Screenplay: Agenore Incrocci, Furio Scarpelli, Mario Monicelli
Interpreti/Actors: Vittorio Gassman (Brancaleone da Norcia), Adolfo Celi (re Boemondo), Sandro Dori (Rozzone, il capraro), Beba Loncar (principessa Berta d'Avignone), Luigi Proietti (Pattume, peccatore pentito), Gianrico Tedeschi (Pantaleo, l'eremita), Lino Toffolo (Panigotto), Paolo Villaggio (Thorz, sicario germanico), Renzo Marignano (Finogamo), Augusto Mastrantoni (papa Gregorio), Gildo Di Marco, Norman David Shapiro (abate Zenone), Christian Alegny (accusatore di Tiburzia), Franco Balducci, Edda Ferronao, Orazio Stracuzzi, Arnaldo Fabrizio (Cippa, il nano), Remo Bonarota, Pietro De Vico (giudice della strega), Alberto Plebani (prelato con il papa), Enrico Ribulsi, Abu Djamel, Mokhthar Dib, Hassan Hassani, Hilmi Said, Louzoum Raymond, Mansourane Ali, Maurice Pouillet, Stefania Sandrelli (Tiburzia da Pellocce), Luigi Proietti (stilita Colombino), Luigi Proietti (voce della morte)
Fotografia/Photography: Aldo Tonti
Musica/Music: Carlo Rustichelli
Costumi/Costume Design: Mario Garbuglia, Ugo Pericoli
Scene/Scene Design: Mario Garbuglia
Montaggio/Editing: Ruggero Mastroianni
Suono/Sound: Umberto Picistrelli
Produzione/Production: Fair Film, O.N.C.I.C., Algier
Distribuzione/Distribution: Titanus
censura: 56388 del 22-12-1970
Altri titoli: Brancaleone s'en va t'aux croisades, Brancaleone auf Kreuzzug ins Heilige Land



Brancaleone da Norcia, cavaliere medievale senza titolo, dopo le irriverenti avventure vissute nel primo film "L'armata Brancaleone" del 1966, decide di aggregarsi ad una comitiva di pellegrini in partenza per la Terrasanta, con il suo più fido compagno, il giallo cavallo ronzino Aquilante. Il gruppo, guidato dal monaco Zenone, è fedele al Papa Gregorio e per questo viene attaccato e sterminato dai soldati dell'Antipapa Clemente senza che il prode Brancaleone possa difenderlo. Per espiare la colpa il nostro cavaliere stipula un patto con la Morte che gli appare mascherata e munita della prescritta falce sterminatrice. L'accordo prevede che egli dovrà compiere un'impresa degna di gloria entro il sorgere della settima luna.

Si mette in cammino e incontra una variegata e strampalata compagnia composta, tra gli altri, dalla strega Tiburzia di Pellocce, dalla finta lebbrosa, la nobile Berta D'Avignone, dal penitente Pattume, dal poliglotta Panigotto da Vinegia e dal soldato alemanno Thorz al quale strappa dalle mani un bimbo che il malvagio tedesco stava per uccidere. L'infante è il figlio di Boemondo, re normanno della Sicilia, che sta combattendo gli infedeli in Palestina. Brancaleone decide di riportare il pargoletto al sovrano suo padre e parte per Gerusalemme con la scalcagnata brigata.
Tra un incontro con l'eremita Santo Romito Pantaleo, un'ordalia tra i carboni ardenti, un dialogo con un gruppo di impiccati ad un albero e parlanti ed una scorta al Papa Gregorio in procinto di incontrare uno stilita nel deserto, finalmente, il piccolo esercito di disperati giunge a destinazione. A Gerusalemme i crociati stanno assediando la città presidiata dai Mori.
L'audace impresa prosegue e si conclude nel deserto dove il nostro eroe, diventato finalmente nobile barone, affronterà il suo destino in un decisivo torneo tra i cavalieri cristiani e quelli arabi. Nell'imprevedibile finale dovrà fatalmente confrontarsi di nuovo con la Morte che lo ha sempre accompagnato.


Age, Scarpelli e Monicelli, nel 1970, mettono di nuovo mano al soggetto di "Brancaleone" dopo aver ottenuto un grande successo di pubblico e di critica all'uscita del primo film "L'armata Brancaleone" nel 1966. Questo sequel non riscuote lo stesso seguito in termini di spettatori e di incassi, ma non fa rimpiangere il precedente perchè gli stessi tre sceneggiatori, maestri della commedia all'italiana, trovano nuovi spunti di racconto, nuove idee e costruiscono personaggi con caratteri e caratteristiche originali, oltre a lanciare, soprattutto, attori, salvo Gassman e il suo cavallo già presenti, molto amati in quel periodo.
Alla base c'è la buona trovata di innestare ai pochi elementi già conosciuti, ma decisivi, le novità scenografiche, i set, i ruoli per destare ricordi e sollecitare fresche curiosità.

Lo spettatore ritrova, dunque, alcune idee guida che lo fanno sentire a proprio agio. Si rinnova il road movie medioevale iniziato quattro anni prima e lo si estende a perimetri oltre il Mediterraneo; si ritrova il film composto da molti episodi farseschi o cruenti, collegati l'uno con l'altro, che allineano le storyboard dei due film. Si ripassa il linguaggio, già così strampalato e unico nel primo, che qui viene accentuato e accompagnato da una sorta di nuovo dialetto siciliano, tutto in rima baciata, parlato dal re Boemondo in Terrasanta, interpretato dallo strepitoso Adolfo Celi. I due idiomi sono, nuovamente, la chiave per gustare molte battute ironiche e taglienti, alcune degne della commedia dell'arte dove il canovaccio sembra libero ed aperto.
Si riacquista la verve dell'unico personaggio comune, il Brancaleone che non potrebbe non essere Vittorio Gassman, anche qui mattatore assoluto. Nel primo film lo registriamo più scontroso e cialtrone; in questa prova ha un ruolo più eroico, da vero condottiero, meno satirico, tanto che deve addirittura confrontarsi  con la Morte e con lei trattare il proprio destino di uomo. Gassman è nella piena maturità di attore, non solo della commedia italiana, e questo si riflette sulla sua disincantata interpretazione.
Elemento decisivo è quello di affiancargli uno stuolo di attori molto noti in quel periodo e di far indossare loro ruoli non confrontabili con gli interpreti del precedente film quali Salerno, Volontè, Spaak, Buccella, Steele, Lulli e Fangareggi.
Emergono un pò tutti, in gran forma, a partire dal Villaggio molto somigliante al Professor Kranz per la trasmissione televisiva di fine anni '60 "Quelli della domenica", alla strega Sandrelli, alla bella Loncar, al flemmatico Toffolo fino a Tedeschi e Adolfo Celi. Su tutti un non troppo riconoscibile, ma bravissimo, Gigi Proietti che interpreta tre ruoli: il peccatore Pattume, Colombino e, mascherato, la Morte. Buoni interpreti per ottimo copione.
Anche i nuovi set sono determinanti perchè la scelta di spostare l'azione in Palestina, nel deserto, è sorprendente. Non più barbari seminudi e rozzi, ma arabi colti e usi al torneo delle armi nobili dei cavalieri. Scontro tra due mondi che si onorano combattendo valorosamente. Costumi coloratissimi delle corti mediterranee e fotografia sgranata e viva. Musica sempre molto gradevole che rimanda al noto ritornello.

Monicelli, questa volta, apre la porta del racconto a qualche momento di riflessione più intensa. Si condivide, nel cammino della comitiva, l'incontro e la tragedia degli impiccati sull'albero, persone deboli che il potere della Chiesa e dei feudatari ha stritolato nel pregiudizio. Si partecipa alla denuncia e alla condanna della donna/strega (Sandrelli) che, non difesa, viene messa al rogo dal tribunale degli uomini, retaggio di quello e del nostro tempo.
Molto interessante, infine, lo sviluppo del rapporto tra Brancaleone e la Morte, sorta di confessione e di affrancamento finale del personaggio e del regista. Monicelli ha sempre negato qualsiasi collegamento con la storia del "Settimo sigillo" di Ingmar Bergman del 1957.
Tra le piccole negatività alcune incongruenze storiche e un troppo brusco passaggio temporale scenico tra la fine dell'avventura in Italia e l'inizio di quella in Terrasanta.

Dunque un frizzante sequel da vedere con il sorriso sulle labbra per riscoprire le geniali e beffarde trovate della trama, le buone interpretazioni degli attori e per mettere a confronto gli eccessi del primo film con la regia più attenta, più curata e meno farsesca del secondo.
Anche in questo Monicelli si è dimostrato maestro del nostro cinema.

Frasi:
-"Sono impuro, bordellatore insaziabile, beffeggiatore, crapulone, lesto de lengua e di spada, facile al gozzoviglio. Fuggo la verità e inseguo il vizio" (Brancaleone)

-"Ma lassù l'Onnipotente, guarda, tace e fece niente?" (Brancaleone)

-"Qual sia lo nome tuo?"  "Nessuno lo saprà. Chiamatemi abominio o vituperio o, se preferite, lordume, sconcezza, ovver pattume...ecco, sì...Pattume sia lo meo nome"(Il flagellante Pattume a Brancaleone)

-Ed in cotale solitudo venetti a scienza che la vita è una serpa di disgrazie con qualche sciagura" (Il saggio eremita a Brancaleone e compagni).

Recensione a cura di:



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