produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica (1960)
soggetto: tratto dai diari di Bernhard Rogge pubblicati nel libro " Schiff 16" di B. Rogge e Wolfgang Frank
sceneggiatura: Vittoriano Petrilli, Duilio Coletti, Ulrich Mohr
revisione dialoghi (per versioni anglofone): William Douglas Home
consulenza storico militare: Ulrich Mohr
direttore della fotografia: Aldo Tonti
musiche: Nino Rota dirette da Franco Ferrara
montaggio: Renzo Lucidi
scenografie e arredamento: Mario Garbuglia
asistente scenografo: Mario Giovannini
assistente arredamento: Giorgio Herrmann
costumi: Piero Gherardi
direttori di produzione: Alfredo De Laurentiis, Evaristo Signorini
aiuti regista: Davide Carbonari, Mario Maffei
ispettore di produzione: Giorgio Morra
segretaria di edizione: Anna Gruber
operatore m.d.p. Riccardo Pallottini
fonici: Piero Cavazzuti, Rocco Roy Mangano
truccatori: Goffredo Rocchetti, Giuliano Laurenti
interpreti: Van Heflin (capitano Bernhard Rogge), Charles Laughton (ammiraglio Russell), Mylène Demongeot (Zizi), Folco Lulli (Paco), John Ericson (tenente Kruger), Alex Nicol (capitano tedesco Knock/ufficiale americano assoldato dagli inglesi), Peter Carsten (Andrews), Cecil Parler (colonnello Howard), Liam Redmond (ufficiale inglese), Gian Maria Volontè ( Samuel Braunstein), Eleonora Rossi Drago (sua moglie Elsa), Gregoire Aslan (comandante nave Abdullah), Corrado Pani, Geronimo Meynier (due marinai tedeschi), Edith A. [Arlene] Peters (suora di colore a bordo dell'Abdullah), Umberto Spadaro (telegrafista dell'Abdullah), Gerard Herter (capitano sommergibile tedesco), Moira Orfei (naufraga sull'Atlantis), Tom Felleghy (proiezionista all'ammiragliato inglese), Dieter Eppler (dottor Hartmann), Ralph Truman (ammiraglio Benson), Fulvio Mingozzi (ufficiale ammiragliato inglese), John Lee, Walter Barnes, Brendan Fitzgerald, Booth Coleman, Philo Hauser, Guido Celano, Alain Dijon, Graeme G. Bruce, James Dobson, Charles Nolte, Giorgio Cerioni, Joackim Luther.
Distribuzione: Dino De Laurentiis e Paramount (che partecipò anche, se pur in minima parte, alla produzione). Durata: 104' (metri 2.750). Visto di censura: 31703 del 14.4.1960: Prima proiezione pubblica: 14.8.1960. Titolo in U.S.A. e Gran Bretagna "Under Ten Flags". Titolo spagnolo "Bajo 10 banderas". Le versioni estere hanno durate diverse: negli Stati Uniti 92', in Gran Bretagna 111' in Spagna 98'. In Cinemascope bianco e nero. Incasso nelle prime visioni italiane: 952 milioni di lire. Incasso totale: 1 miliardo 574 milioni di lire. Nelle versioni anglofone sono accreditati come sceneggiatore Leonardo Bercovici, come montatore Jerry Webb e assistente regista Silvio Narizzano. Esordio nel cinema per il ventisettenne Gian Maria Volontè. Fra i doppiatori: Emilio Cigoli per Van Heflin, Giorgio Capecchi per Charles Laughton e Gianfranco Bellini per Gian Maria Volontè.
Come è noto la madre dei critici (cinematografici) imbecilli è perennemente incinta. Nel caso di questo film e dai giudizi scritti negli anni in cui uscì nei cinematografi, si trattò evidentemente di un parto multigemellare poiché tutti fecero a gara nel superarsi inventandosi ogni genere di definizione che, stringi stringi, finiva sempre con un eloquente "filonazista" o, peggio ancora "apologia del nazismo".
Dispiace che ancora oggi, oltre cinquant'anni dopo, la critica non abbia cambiato idea. Morandini e Mereghetti, che sono amici miei, continuano a scrivere il primo "filotedesco" e il secondo "tedeschi visti con una certa simpatia". Li invito, se ne hanno voglia, a riguardarsi il film e a documentarsi. Certo, il discorso non è semplice da affrontare e nasconde insidie che però vanno affrontate cum grano salis. Nel film si parla (anche) di nazismo, viene citato a più riprese Hitler, c'è il dramma di una guerra terribile. Che il nazismo sia stato fenomeno aberrante (così come, in diversa misura e contesti, altri totalitarismi) non è neppure il caso di sottolinearlo, che uomini con il cervello devastato da una ideologia assurda fatta di vendetta e desiderio di sangue abbiano commesso crimini atroci innominabili è altrettanto vero. Ma la domanda è: fra questi criminali obbedienti ai diktat dell'ometto di Braunau am Inn, possibile non ce ne fosse uno, anche soltanto uno, che pur adempiendo agli ordini ricevuti, dimostrasse di essere un uomo con cuore e anima ancora non del tutto inquinate da fanatismi? Ebbene sì, ci fu. Si chiamava Bernhard Rogge (1899-1982) e a dircelo non è solo lui nella sua autobiografia ma la storia. E il film si concentra, sia pure con inevitabili "spettacolarismi" sulla sua persona.
Parliamo del film e, se qualcuno lo usa ancora, si tolga il cappello perché siamo di fronte ad un capolavoro assoluto diretto mirabilmente da un grandissimo regista, ahinoi, dimenticato dai più: Duilio Coletti (1906-1999).
L'Atlantis (ma il nome lo conosceremo soltanto alla fine della storia) è una nave corsara tedesca che ha il compito non facile di affondare quante più navi nemiche possibile. Riuscirà nell'impresa con stratagemmi vari: cambiando di volta in volta nome e camuffandosi da imbarcazione civile. La nave è l'incubo degli inglesi e soprattutto dell'ammiraglio capo Russell, che non riesce a darsi pace per le continue sconfitte. La comanda il capitano Rogge, uomo ligio al proprio dovere, ma con principi morali ferrei, a cui crede fermamente. Affondare sì le navi nemiche, ma salvare i naufraghi, di qualunque nazionalità siano, ebrei compresi. Per togliere di mezzo l'Atlantis gli inglesi hanno una sola possibilità: entrare in possesso della "carta dei fiori", un codice cifrato utilizzato dai tedeschi per i suoi spostamenti. Ci riusciranno con un'operazione ai limiti dell'impossibile. Identificato l'Atlantis invieranno un incrociatore, il Devonshire, per affondarla. Rogge, ormai sconfitto ma non vinto, si autoaffonderà (ma salverà tutti i suoi marinai) senza rivelare il nome della sua nave. Ennesima beffa per l'ammiraglio Russell.
Girato magistralmente, il film ha un ritmo che non conosce tregua. Tutti i personaggi, anche i minori, sono descritti con particolare attenzione alla loro condizione psicologica. Il cast è di quelli, oggi, impensabili per un film prodotto in Italia: Dino De Laurentiis non bada a spese. Van Heflin è un credibile e umano Rogge, l'immenso Charles Laughton "gigioneggia" finanche troppo nel ruolo dell'ammiraglio perdente che però stima l'abilità del nemico, Mylène Demongeot, in maglietta attillata con capezzoli ribelli e shorts livello inguine è da incubi notturni. Stupenda. Simpatico il Paco di Folco Lulli che s'innamora di lei. Viscido e ripugnante l'ottimo Gregoire Aslan, vigliacco comandante che mette a repentaglio la vita dei suoi passeggeri. Bravi Gian Maria Volontè (esordio nel cinema) e Eleonora Rossi Drago, sua moglie - ebrea come lui - che partorirà sull'Atlantis. Note di merito per gli altri interpreti, tutti in ruolo. Grande fotografia in bianco e nero del maestro Aldo Tonti. Musiche di Nino Rota, un po' convenzionali. Da segnalare la strepitosa sequenza del furto della Carta dei Fiori. Una delle più emozionanti di sempre per tensione e suspense. Anche vista e rivista riesce a fermare (o accelerare) i battiti del cuore.
Grande, grande, grande film.
Roberto Poppi | Crea il tuo badge
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