ATTENZIONE LA PRESENTE RECENSIONE CONTIENE SPOILER!
Antonio Esposito detto Totonno, venditore di sigarette di contrabbando, ha un debito di 500.000 lire con il suo fornitore Don Alfonsino, referente della camorra per la zona di Sorrento. Totonno non ci dorme la notte, anche perché la scadenza si avvicina e lui non sa come reperire la somma. In aiuto gli viene il figlio Ciro, che non curante delle conseguenze, ruba un carico di tonno nei depositi di Don Farracone, di cui Don Alfonsino ne è custode. Ciro vende il tonno ad una banda rivale, e con i soldi ricavati il padre salda definitivamente il debito. Ma siccome il paese è piccolo e la gente mormora, Don Alfonsino vuole vederci chiaro sulla provenienza dei soldi che Totonno gli ha restituito, e lo va a trovare a casa. Il poveretto non sa che il figlio ha rubato per lui e non riuscendo a dare spiegazioni plausibili viene pestato a sangue; e dramma nel dramma, Totonno muore per le ferite riportate davanti agli occhi della figlioletta Rosaria, che per lo shock perde l’uso della parola. Il sacrificio di Totonno non aiuta Don Alfonsino a recuperare il carico di tonno, che per punizione, a sua volta viene fatto giustiziare da Don Farracone.
Un bel giorno mentre Ciro è al lavoro, si trova ad affrontare a mani nude gli uomini che hanno ucciso suo padre, e a suon di sberle ne mette in fuga ben quattro. Viene notato da Gegè, un impresario del nord, che lo convince ad intraprendere la carriera di pugile professionista. A questo punto il film cambia repentinamente. Se fino ad ora abbiamo visto una sceneggiata con sfondo noir alla Brescia/Merola, da questo momento in poi il film prende tutt’altra piega, con l’entrata nella storia di nuovi attori. Vediamo Ciro allenarsi per le strade di Sorrento, come Stallone in Rocky per le strade di New York, perché è superfluo dire che il film si ispira alla più famosa pellicola americana girata l’anno prima. Ma è bene ribadire che il tutto resta all'ispirazione, perché il film fatto con tutt’altri mezzi ed un budget molto più esiguo non si prende mai sul serio, facendo in alcune scene l’occhiolino alla commedia.
RING (1977) di Luigi Petrini |
Per quanto il film possa risultare simpatico, le cose da salvare sono veramente poche. Il difetto più grande di Ring è che non riesce mai a coinvolgere realmente, solo la prima parte risulta abbastanza scorrevole con tutte le ingenuità del caso, per poi perdersi nel proseguo di quella che vuole essere un’opera di sfruttamento del successo del film Rocky, e se anche la sceneggiatura può risultare in definitiva abbastanza originale (limitando a poche scene i rimandi alla pellicola recitata da Stallone), risulta essere un'opera girata senza convinzione dove il salvabile si può trovare nella bravura di alcuni attori che a momenti ne risollevano le sorti, ma non così tanto da salvarla agli occhi dello spettatore.
Regia: Luigi Petrini; Soggetto: Elfriede Gaeng; Sceneggiatura: Elfriede Gaeng, Luigi Petrini; Interpreti: Mario Cutini (Ciro Esposito), Stella Carnacina (Alba), Linda Sini, Gianni Loffredo, Pupo De Luca (Gegè), Nikki Gentile, Armando Marra, Mario Pedone, Joshua Sinclair, Georgia Lepore; Fotografia: Luigi Ciccarese; Musica: Fabio Frizzi, Franco Bixio, Vincenzo Tempera; Scenografia: Massimo Corevi; Montaggio: Adriano Tagliavia; Produzione: Filmday Production; censura: 71286 del 19-12-1977
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