BYLETH - IL DEMONE DELL'INCESTO (1972)

Regia/Director: Leopoldo Savona
Soggetto/Subject: Norbert Blake
Sceneggiatura/Screenplay: Norbert Blake, Leopoldo Savona
Interpreti/Actors: Mark Damon (duca Lionello Shadwell), Claudia Gravy (sua sorella Barbara), Aldo Bufi Landi (Giordano, marito di Barbara), Silvana Pompili (Floriana), Franco Jamonte, Tony Denton, Fernando Cerulli, Caterina Chiani, Franco Marletta, Antonio Anelli, Carla Mancini
Fotografia/Photography: Giovanni Crisci
Musica/Music: Vassili Kojukarov
Costumi/Costume Design: Elio Balletti
Scene/Scene Design: Elio Balletti
Montaggio/Editing: Otello Colangeli
Suono/Sound: Sandro Ochetti, Fausto Achilli
Produzione/Production: Agata Films
Distribuzione/Distribution: Indipendenti Regionali
censura: 60200 del 26-04-1972


Secolo XIX. Il duca Lionello (Mark Damon), tornato all’antica dimora di famiglia, apprende che la sorella Barbara (Claudia Gravy), della quale è segretamente innamorato fin dalla tenera età, si è sposata. Sulle prime la notizia gli provoca disappunto, ma poi, conosciuto il cognato (Aldo Bufi Landi), non può far altro che accettare la situazione, almeno in apparenza, poiché la gelosia lo corrode, lo porta a spiare la coppia nella loro intimità, e a desiderare di trascorrere più tempo possibile con Barbara. Nelle vicinanze intanto avvengono barbari omicidi ai danni di giovani donne, e i sospetti e le indagini delle forze dell’ordine si stringono attorno al nobile trio. Lionello, preda di crisi nervose e volontariamente segregato in periodi di isolamento, confessa alla sorella di nascondere un segreto. Barbara, dal canto suo, lo protegge, mentre il suocero chiede consiglio a un prete, il quale lo mette in guardia dai demoni, in particolare Byleth, spirito demoniaco che spinge all’incesto le vittime possedute. Nel nobile castello s’inizia a sospettare che Lionello sia sottomesso dal demone fin dall’infanzia.

Mark Damon è nel cast dell’horror I vivi e i morti (’60) di Roger Corman, tratto da Edgar Allan Poe, tre anni più tardi è nel bellissimo e spaventoso I tre volti della paura di Mario Bava, poi nel giallo-gotico Nude… si muore di Antonio Margheriti, ne Il plenilunio delle vergini di Batzella, e in un horror ispano-americano intitolato La tumba de la isla maldita; il suo volto perciò non può che esser legato, nella memoria degli appassionati ma non solo, al cinema gotico anni 60, che riusciva a ritagliarsi qualche ultimo colpo di coda nei primi 70, e di cui Byleth è un tardivo esponente. In seguito Damon passerà alla fortunata carriera di produttore, firmando titoli di successo come La storia infinita, 9 settimane e mezzo, Ragazzi perduti, Orchidea selvaggia e tanti altri.
Byleth il demone dell’incesto è un tardo horror gotico diretto da Savona dopo diversi western, che risente dell’influenza delle richieste di un pubblico più esigente, molto diverso da quello del decennio precedente dei primi gotici di Bava e Freda. Molte cose sono cambiate, ha preso campo il giallo e sta spopolando il thriller, sempre più violento, e gli autori devono adattare i prodotti alle aspettative del botteghino, rendendoli sempre più accattivanti. Savona sceglie la strada più facile, ossia la contaminazione con l’erotico, infarcendo la pellicola di nudi e amplessi (purgati nella versione italiana), senza tener conto però che l’espediente va a discapito della suspence, peraltro piuttosto assente se non in alcuni vaghi passaggi o nelle cavalcate del duca, che tra boschi e villaggi abbandonati, ricorda il Metzengerstein di Poe, trasposto al cinema da Roger Vadim nell’omonimo episodio del film Tre passi nel delirio, del ’68. Una sequenza da salvare e ricordare, realmente inquietante e d’impatto visivo, è quando Lionello, guardando dentro uno specchio, scorge animarsi la sagoma del nemico-demone cavalcare verso di lui, che da un momento all’altro sta per raggiungerlo e materializzarsi oltre i confini della cornice. Se l’aspetto lascivo appare marcato, è invece affrontato con finezza il tema demoniaco, come insegnano la letteratura gotica classica a cavallo tra Ottocento e Novecento, in cui la malefica minaccia, in questo caso il “doppio” del protagonista, era sottilmente accennata, rappresentata attraverso una compiaciuta ambiguità, mai mostruosamente rivelata; solo quando il duca Lionello, esausto della lotta interiore col proprio demone personale, decide di affrontarlo faccia a faccia, viene svelato il volto del male, attraverso un colpo di scena, forse telefonato, ma elegantemente romanzesco.
Buona e avvolgente la fotografia con dominanza di toni caldi.

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