UCCIDETE IL VITELLO GRASSO E ARROSTITELO (1970)

Regia/Director: Salvatore Samperi
Soggetto/Subject: Salvatore Samperi, Dacia Maraini
Sceneggiatura/Screenplay: Salvatore Samperi, Dacia Maraini
Interpreti/Actors: Maurizio Degli Esposti (Enrico Merlo), Jean Sorel (Cesare Merlo), Marilù Tolo (Verde), Gigi Ballista (medico), Pier Paolo Capponi (detective privato), Noris Fiorina (fidanzata di Cesare), Bernadette Kell (mondana), Aleka Paizi, Gianni Pulone, Franca Sciutto
Fotografia/Photography: Franco Di Giacomo
Musica/Music: Ennio Morricone
Costumi/Costume Design: Gisella Longo
Scene/Scene Design: Gisella Longo
Montaggio/Editing: Franco Arcalli
Suono/Sound: Mario Dallimonti
Produzione/Production: Mars Film Produzione, Prodigo Film di Ezio Passadore e C.
Distribuzione/Distribution: Cinema International Corporation
censura: 55389 del 27-01-1970

Il giovane Enrico, in occasione del funerale del padre, lascia momentaneamente il collegio svizzero e torna a casa a Padova. Nuovamente immerso nel lugubre ambiente famigliare, matura la convinzione che il decesso del genitore sia opera del fratello maggiore. Viene avvicinato da un tipo che afferma di essere della polizia e di occuparsi delle indagini, e che gli chiede, muovendosi con discrezione, aiuto per smascherare i colpevoli. Il giovane indaga, ma tra le ambigue trame all'interno delle mura domestiche, tra un oscuro passato in cui si dice che la famiglia sia vittima di una maledizione, e tra i continui ostacoli che incontra nella personale, malinconica e ossessiva ricerca di chiarezza, cade ammalato e le sue forze psicofisiche vengono meno. Colpo di scena nel finale.

Dopo il film-scandalo GRAZIE ZIA e il cinico CUORE DI MAMMA, giunto al terzo film, Samperi torna a mettere in scena e a distruggere un'altra famiglia-bene. Gli fanno da supporto ancora una volta le martellanti, ossessive e azzeccate melodie di Ennio Morricone, spalmate per tutta la durata del film, a scandire la cupa danza in cui sono avvolti i benestanti ma malsani protagonisti. Maurizio Degli Esposti, giovane protagonista che però nei titoli di testa figura dopo il già veterano Jean Sorel (che interpreta il fratello maggiore), è perfetto nel ruolo del vitello sacrificale, spaesato e fragile. Sognanti e oniriche le scene ambientate nel manicomio, dove il ragazzo incontra la madre ricoverata; sul delirante monologo della donna sono montati degli intensi movimenti di macchina da presa che esplorano gli asettici corridoi, illuminati dal sole attraverso i finestroni dell'edificio, mentre vagano alcuni matti. Il film odora "aria di chiuso", come a un certo punto si sente dire da uno dei personaggi riferendosi alla stanza dove il giovane protagonista è a letto malato. Misogino in alcuni passaggi, come quando il ragazzo, osservando il seno di una donna che vibra mentre questa prepara un cocktail, lo paragona al gelatinoso budino che tiene in un piatto tra le mani. L'alienazione della gioventù e la tenera nostalgia dell'infanzia mista alla depravazione e alla meschinità degli adulti artefici di un complotto ordito solamente per interessi economici. Una storia gialla, ma in realtà sostanzialmente un ennesimo dissacrante "ritratto di borghesia in nero", come andava di moda in quegli anni e come Samperi amava raccontare prima che la sua filmografia si spostasse prevalentemente sul versante della commedia. L'autore accarezza ancora, come poi si ripeterà in seguito nel più celebre MALIZIA, anche il tema dell'incesto, mostrando qui l'ambiguo rapporto d'amore tra Enrico e la cugina (Marilù Tolo). Una buona prova del "primo" Samperi, duro, spietato e delicato al contempo. L'operatore alla macchina è Giuseppe Lanci, futuro ottimo direttore della fotografia in molti film di successo, stimato da Andrej Tarkovskij per il suo NOSTALGHIA. Alla sceneggiatura, insieme al regista, collabora la scrittrice Dacia Maraini, come già nel precedente CUORE DI MAMMA.

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