QUESTO E QUELLO (1983)

Regia/Director: Sergio Corbucci
Soggetto/Subject: Bernardino Zapponi, Nino Manfredi, Renato Pozzetto, Bernardino Zapponi, Renato Pozzetto, Bernardino Zapponi, Nino Manfredi
Sceneggiatura/Screenplay: Bernardino Zapponi, Nino Manfredi, Renato Pozzetto, Bernardino Zapponi, Renato Pozzetto, Bernardino Zapponi, Nino Manfredi
Interpreti/Actors: Renato Pozzetto (Giulio Chiocchia), Nino Manfredi (Sandro Cipollini), Nino Manfredi, Janet Agren (Lucilla), Desirée Becker (Daniela), Renato Pozzetto, Gianni Agus (Oreste, editore), Sylva Koscina (Dora), Sylva Koscina, Michela Miti (Rosy), Nanda Primavera (Mamy), Janet Agren, Lamberto Luberti, Franco Scandurra (principe), Michela Miti, Nino Manfredi (dottore), Al Thomas (Teclè, maggiordomo), Desirée Becker, Paolo Panelli (dottore), Franco Scandurra, Bassetto (cameriere), Nanda Primavera, Renato Pozzetto (Gregory), Bassetto, Alfred Thomas, Lamberto Luberti, Gianni Agus, Paolo Panelli
Fotografia/Photography: Alessandro D'Eva
Musica/Music: Luciano Rossi, Gaio Chiocchio
Costumi/Costume Design: Erminia Ferrari Manfredi
Scene/Scene Design: Marco Dentici
Montaggio/Editing: Amedeo Salfa
Suono/Sound: Roberto Petrozzi
Produzione/Production: Faso Film
Distribuzione/Distribution: C.I.D.I.F. Consorzio Italiano Distributori Indipend. Film
censura: 79466 del 21-12-1983

Una delle tante furbate commerciali anni ’80 di portare sullo schermo due mattatori della vecchia e nuova commedia (Manfredi e Pozzetto), peraltro già al secondo film a episodi insieme (il primo era Testa o croce, Natale ’82).
Questo e quello si regge su un gioco simmetrico per il quale i protagonisti rispettivi scrivono ognuno la propria sceneggiatura, coadiuvati da un nome di tutto rispetto, Bernardino Zapponi, ed entrambi compaiono come camei uno nell’episodio dell’altro.
Si parte con Questo amore impossibile con Pozzetto nel ruolo di Giulio, un creativo che disegna fumetti, ora in cerca di un’ispirazione che non arriva. Giulio vive con una compagna che maltratta e una capretta, nello sporco e nel totale disordine interiore ed esteriore, presso una comune di punk, hippies, artisti alternativi e spostati. L’incontro fortuito con una borghese quanto attraente signora dell’alta società lo trasforma e per fare conquiste si ripulisce anche nel look e nel modo di parlare per compiacere la sua bella, molto snob ed esigente.

Quando finisce per disprezzare il mondo dal quale proviene, convinto di essersi rifatto veramente una vita e di avere ritrovato oltre che l’amore anche l’ispirazione, si ritrova con cocente delusione e amarezza beffato dal proprio editore, artefice di un piano architettato con la complicità della “signora” per scuoterlo dal torpore creativo in cui si trovava.
In Quello del basco rosso (forse l’episodio più celebre e a mio avviso meglio riuscito) troviamo un altro artista spiantato, Sandro, un Nino Manfredi scrittore, stavolta molto ispirato, ma in cerca di affermazione, alle prese con un incontro con una sua vecchia fiamma che lo invita a cena. Lì conosce la figlia di lei, Daniela, detta “Dani”, un’adolescente nevrotica con un trauma sessuale infantile e un pesante conflitto con la madre, per la quale Sandro dovrà sacrificarsi e sbloccarla dalle sue frigidità, essendo lui in prima persona una delle cause del malessere della ragazza, “l’uomo dal basco rosso”, l’uomo di cui lei era segretamente innamorata da piccola.
Sandro si porterà a letto Dani, rischiando l’infarto, lei felice e radiosa, il suo fidanzato (Pozzetto) pure. A perderci è il ruolo della psicanalisi che sembra fare solo disastri e chi ha visto o vedrà il film si renderà conto che il presunto trauma di Dani non era mai esistito.
Esemplare è la battuta di Manfredi: “ Io vorrei capì sta psicanalisi che è? Una cura, una malattia? Secondo me è una malattia che se vò fa passà pe’cura”.
Sergio Corbucci dirige con discreto impegno e un po’ di stanchezza questi due episodi, figli di una commedia all’italiana in via di sparizione, fedeli al cliché, con entrambi i finali amari e un intento critico vagamente moraleggiante.
Il secondo episodio è meglio costruito e pretende di allontanarsi dal surreale e dal comico in senso stretto; tuttavia ricorda pari pari Il cavalluccio svedese, episodio di Quelle strane occasioni, dove anche in quel caso avevamo un Manfredi sprovveduto, stralunato, solo in casa insieme a una ragazzina svedese tutto pepe, innamorata di lui.
Il Sandro,”dal basco rosso” è però meno serioso, meno moralista, anche quando “si traveste da nudo”. Non cambia il suo stile di sempre, da romano medio, cosa che facilita l’identificazione dello spettatore e i momenti più divertenti.
Anche Pozzetto, nel suo episodio, non rinuncia al suo repertorio di tormentoni, di espressioni mimiche e facciali tipiche, tuttavia il suo personaggio convince poco, benché sia ben riuscito il contrasto tra sua volgarità pecoreccia e lo snobismo altezzoso di Janet Agren.
Un film dove gli umori e i linguaggi di Milano e Roma s’incontrano, una delle ultime commedie a episodi che cerca di rinverdire, con modestia, i fasti del nostro cinema passato. A commentarlo musicalmente la musica di Luciano Rossi, che prepara insieme a Gaio Chiocchio la canzone di lancio del film, cantata da Manfredi: Che bello sta’co’ te.

Recensione a cura di :
Guido Colletti

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