TENEBRE (1982)

Regia/Director: Dario Argento
Soggetto/Subject: Dario Argento
Sceneggiatura/Screenplay: Dario Argento
Interpreti/Actors: Anthony Franciosa (Peter Neal), Daria Nicolodi (Ann, la segretaria di Peter), John Saxon (Bullmer), Giuliano Gemma (Germani, il commissario), Carola Stagnaro (isp. Altieri), Mirella D'Angelo (Jane), Christian Borromeo (Gianni), Miriam Bartolini [Veronica Lario] (Tilde), Lara Wendel (ragazza inseguita dal cane), John Steiner (Cristiano Berti), Ania Pieroni (Elsa Manni), Roberto Coatti [Eva Robins] (ragazza di Rhode Island), Mirella Banti (Marion), Fulvio Mingozzi (portiere), Isabella Amedeo, Marino Masè, Monica Maisani, Gianpaolo Saccarola, Ippolita Santarelli, Francesca Viscardi, Enio Girolami
Fotografia/Photography: Luciano Tovoli
Musica/Music: Claudio Simonetti [Goblin], Fabio Pignatelli [Goblin], Massimo Morante [Goblin]
Costumi/Costume Design: Pierangelo Cicoletti
Scene/Scene Design: Giuseppe Bassan
Montaggio/Editing: Franco Fraticelli
Produzione/Production: Sigma Cinematografica
Distribuzione/Distribution: Titanus
censura: 78278 del 27-10-1982

Giunto al suo ottavo film Dario Argento confonde le acque e inganna il suo pubblico. Chi si aspettava, visto il titolo, il terzo capitolo sulla saga delle tre Madri si ritrova un film presentato come un ritorno al giallo classico.
Se la delusione brucia a qualcuno, poco male perché di “classico” qui non c’è proprio nulla. Più che la conclusione di una trilogia, Tenebre è l’inizio ed anche la fine di una nuova stagione del giallo all’italiana. Superati le vecchie convenzioni e i linguaggi del giallo deduttivo, ai quali Argento si sentiva ancora in parte debitore, qui siamo di fronte a una grande festa pagana tinta di sangue dove la crime-story è soltanto il pretesto per una creazione che ben presto, con compiacimento, si trasforma in uno slasher selvaggio che vuole scardinare qualsiasi stereotipo del thriller.
Il canovaccio però rimane fedele al tradizionale. Scrittore americano di libri gialli, Peter Neal, si trova coinvolto in Italia in delitti che si ispirano al suo best-seller TENEBRAE (da cui il titolo del film), e viene minacciato personalmente dall’assassino, con spunto autobiografico dello stesso Argento (è ormai risaputa la sua disavventura a New-York alle prese con un fan un po’ troppo morboso che lo perseguitava al telefono).
Mentre spettatore e polizia sembrano non vederci chiaro, questo misterioso serial killer soffre invece di un delirio lucidissimo, quanto folle: eliminare la perversione umana dal mondo, trattata in maniera troppo “aperta” da Peter Neal nel suo romanzo.Non si capisce poi perché i “pervertiti” sono solo donne, vabbé, il maniaco allora è anche sessista.

Fatto sta che poi questo moralista delirante viene fatto fuori da qualcuno che ha l’ambizione di continuare la sua opera di sterminio, ma qualcosa non quadra perché adesso ammazza persone molto vicine a Neal e non sono nemmeno “pervertite”. Inoltre c’è anche un cambio di arma, si passa da un rasoio da barbiere a una grossa ascia da giardino. Il comune denominatore però è il sangue che scorre a fiumi; questa volta Argento, che torna a scrivere completamente la sceneggiatura da solo, si fa prendere da una smania di onnipotenza e fa morire praticamente tutto il cast, compreso Peter Neal-Anthony Franciosa, il protagonista. Solo Ann (Daria Nicolodi), la segretaria e compagna fidata di Neal si salva, ma con il ricordo di una visione raccapricciante, la morte del suo uomo trafitto da una scultura di acciaio.
Nessuna certezza, violazione completa della narrazione classica, nessuna regola, un colpo di scena dopo l’altro, i colpevoli sono due non uno, gli omicidi sono come secchi di vernici schizzati su una tela, vibranti, stilizzati,violenti e istantanei. Non c’è più la meticolosa preparazione alla Hitchcock degli altri film, quelle attese estenuanti che culminavano con le coltellate e la musica incalzante. Qui si muore all’improvviso, si può stare in attesa di un appuntamento vicino a una finestra e un’ascia, non si sa come, rompe il silenzio, squarcia il vetro di una finestra e  amputa il braccio a una donna che diventa ben presto un grottesco pupazzo imbottito di sangue (la vittima è Veronica Lario, ricordata da sempre anche per questo leggendario e pretenzioso omicidio, anche perché era già insieme a Berlusconi).
Ma Argento non dimentica neanche stavolta l’amore per l’apparato scenografico e sonoro e riesce a fare paura anche con un’ambientazione moderna, una musica techno all’avanguardia scritta da Claudio Simonetti e suonata insieme ai fidi colleghi Massimo Morante e Fabio Pignatelli, un montaggio incalzante da videoclip e dei tempi perfetti, senza nessun momento morto e senza dare l’impressione di aver lasciato qualcosa al caso.
La Roma fascista dell’ Eur, principale location della pellicola, viene trasformata in un quartiere futurista americano, domina il bianco (in contrasto col titolo) e un’atmosfera allucinata e morbosa per tutto il film, resa ancora più evidente da certe figure femminili giovani e attraenti, ma poco rassicuranti e molto ambigue; stiamo parlando della cleptomane dell’inizio (Anja Pieroni), di Jane (Veronica Lario), una donna decisamente disturbata e nella parte finale l’indiziata assoluta, ma soprattutto della presenza di una giovane Eva Robin’s, protagonista di un incubo adolescenziale a sfondo fetish dell’assassino, il solito leit-motiv ricorrente legato in qualche modo al movente dei crimini.
La particolarità di Tenebre ne fa a suo modo un film storico, prototipo del nuovo thriller anni’ 80 e ultimo ensemble di attori di genere dell’epoca, mai più visti tutti insieme: Giuliano Gemma, Christian Borromeo, John Steiner, Lara Wendel, Mirella D’ Angelo. Da ricordare anche che si tratta dell’ultimo film del regista prodotto dal padre Salvatore, marchio di fabbrica e di garanzia del fortunato periodo argentiano degli anni’70.

Recensione a cura di :
Guido Colletti

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