ACQUA E SAPONE (1983)

Regia/Director: Carlo Verdone
Soggetto/Subject: Carlo Ferrini, Enrico Oldoini, Carlo Verdone
Sceneggiatura/Screenplay: Carlo Ferrini, Enrico Oldoini, Carlo Verdone
Interpreti/Actors: Carlo Verdone (Rolando), Natasha Hovey (Sandy Walsh), Florinda Bolkan (Wilma Walsh, la madre di Sandy), Fabrizio Bracconeri (Enzo, il "Rosso"), Elena Fabrizi [Lella Fabrizi] (Ines, la nonna di Rolando), Glenn Saxon (Ted), Philip Dallas (padre Spinetti), Anna Maria Torniai ("trucidona"), Origene Luigi Soffrano [Jimmy il Fenomeno] (sor Pasquale), Christian De Sica (non accreditato: presentatore), Michele Mirabella (Guidi), Maurizio Romoli, Alberto Canepa, Vito Passeri, Antonio Granelli, Guido Mariotti, Alessio Gradella
Fotografia/Photography: Danilo Desideri
Musica/Music: Fabio Liberatori
Costumi/Costume Design: Luca Sabatelli
Scene/Scene Design: Franco Velchi
Montaggio/Editing: Antonio Siciliano
Suono/Sound: Roberto Alberghini
Produzione/Production: Intercapital
Distribuzione/Distribution: C.E.I.A.D.
censura: 79307 del 27-10-1983

Secondo film di una ipotetica e mai realizzata trilogia “cosmetica” di Carlo Verdone. Forzando un poco la successione naturale, dopo il “borotalco”, l’”acqua e il sapone”.
Ciò che imparenta però Acqua e sapone al suo cugino predecessore è anche il riproporsi della commedia degli equivoci col gioco dello scambio di persona, per denunciare un mondo in cui una gioventù asservita alla routine di uno squallido quotidiano non sta bene dove sta e deve trovare la scorciatoia teatrale della finzione e della negazione della realtà.

Così, Carlo Verdone, qui alla sua seconda prova come protagonista unico e sobrio, non rinuncia a dare un messaggio cinico e amaro dietro al buffo e al semplicemente comico, una caratteristica che lo accompagna in quasi tutta la sua filmografia.

Acqua e sapone però rimane pur sempre una commedia spensierata, tenue, favolistica, sapientemente misurata (forse troppo), con la capacità di trattare con garbo e poesia assoluti alcuni temi scomodi, quali il rapporto fisico tra un uomo adulto e una minorenne, nonché lo sfruttamento di certe madri per certe figlie nel mondo dello spettacolo e della moda.
L’uomo adulto e pure un po’ spiantato, ma davvero ingenuo e simpaticone, è Rolando, trentenne laureato in lettere con 110 e lode, (Verdone, che gli presta il volto, lo vuole già precario in anticipo sui tempi), costretto a fare il bidello e a convivere con una nonna popolana (la mitica Lella Fabrizi!!), in balia di un amico “roscio” e approfittatore.
La ragazzina “sfruttata” è Sandy (Natasha Hovey, qui alla sua prima prova cinematografica), una sedicenne americana al servizio di una macchina  della celebrità e del prestigio, coordinata dall’algida madre, che la vuole modella e le fa da manager.
Quando è il momento di trovare un insegnante privato che la segua negli studi durante le sue trasferte in giro per l’ Italia, Rolando, per puro caso, si finge la persona richiesta, Padre Spinetti, un sacerdote professore molto importante e famoso. Inizialmente per lui è solo un’occasione di lavoro molto redditizia, quell’occasione da sempre cercata; ma poi si trova a condurre uno strano rapporto di complicità con Sandy, la quale, scoperto abbastanza facilmente l’inganno, lo protegge e lo copre, diventando, all’insaputa di tutti, sua compagna di uscite pomeridiane e serali. Così anche Sandy riesce a vivere una vita da sempre sognata e a fare cose comuni alle ragazzine della sua età che non le erano state mai concesse per via del suo lavoro: divertirsi a un luna-park, fare tardi la sera, mangiare a sazietà dolciumi e pizze con le cozze.
E così i due protagonisti, tra spassosi equivoci, finiscono inevitabilmente per essere attratti l’uno dall’altra. Ma il gioco è bello quando dura poco e la verità viene a galla. Rolando si porterà a letto la sua bella (vergine!), si illuderà pure di avere intenzioni “serie” con lei, ma le conseguenze sulla sua vita  non saranno indolori e ritornerà quello di sempre, ora completamente disoccupato, a guardare gli aerei che sfrecciano sopra un campo di grano, passatempo molto amato da Sandy, ritornata nel frattempo in America.
E la canzone degli Stadio omonima, un pezzo diventato un evergreen nella loro discografia, commenta la fine di questo film, con un testo di Vasco Rossi che non fa una piega: Non c’è una donna che ti perdona, se tu la rendi più importante di te.
Da non dimenticare nemmeno l’apporto strumentale del bravo Fabio Liberatori, degli Stadio tastierista, qui autore di un techno pop-melodico e struggente, che da questo film in poi comincerà una proficua e duratura collaborazione col regista.
Buona la sceneggiatura scritta insieme a Enrico Oldoini e Franco Ferrini, che rende il film molto scorrevole.

Recensione a cura di :
Guido Colletti

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Commenti

Anonimo ha detto…
Recensione frettolosa, superficiale e approssimativa,nonchè contenente errori[Rolando non finisce completamente disoccupato,ma cambia lavoro:fa l'impiegato].

Giordano,scegli recensori più competenti e preparati,per favore.