SFIDA AL DIAVOLO (1963)

Regia/Director: Giuseppe Veggezzi [Joseph Veng]
Soggetto/Subject: Giuseppe Veggezzi
Sceneggiatura/Screenplay: Giuseppe Veggezzi
Interpreti/Actors: Christopher Lee (signore del castello), Giorgio Ardisson [George Ardisson] (Gugo, il poeta), Bella Cortez (Free), Lilly Parker (Jenny), Anita Dreyver (Maga), Mario Zagarti (Gianni), Adriana Ambesi (ragazza nel locale notturno), Eva Gioia (castellana bionda), Ulderico Sciarretta (padre guardiano), Piero Vida (padre Remigio/Peo), Ettore Ribotta, Sergio Gibello (Carlo), Pasquale Basile (Siro), Maria Bandiera, Alma Del Rio (Alma), Sonia (cantante argentina)
Fotografia/Photography: Angelo Baistrocchi, Mario Parapetti
Musica/Music: Berto Pisano
Montaggio/Editing: Piera Bruni
Produzione/Production: I Films della Mangusta
Distribuzione/Distribution: Indipendenti Regionali
censura: 40989 del 10-08-1963

Un uomo arriva all'aeroporto di Roma con un volo proveniente da Beirut. E' piuttosto seccato, chiede al compagno che è venuto a prenderlo se ci sono novità, se hanno consegnato dei documenti. L'altro risponde negativamente. Arrivano in città e, appostati sotto casa dell'uomo che dovrebbe consegnare i misteriosi documenti, gli sparano, ferendolo. La vittima, di nome Carlo, riesce a fuggire e a trovare rifugio presso un convento, dove chiede di frate Remigio. Il religioso è un vecchio amico, un ex poco di buono ora convertito, con cui il fuggiasco pare aver condiviso un passato burrascoso. Mentre viene medicato, lo supplica di andare da una certa Amanda che lavora in un night, per recuperare i famosi documenti da restituire all'aggressore. Se non saranno restituiti, Carlo verrà ammazzato. La donna glieli aveva sottratti per compiere un ricatto. Il frate, una volta dalla cantante, sulle prime lei non crede che l'ex furfante abbia preso i voti, ma entrambi chiusi nel camerino, le racconta la lunga tragica storia che l'ha condotto a compiere quella scelta. Fra Remigio, in passato, con un manipolo di amici spostati, si dedicò ad una giornata di follia. Già ubriachi dal pomeriggio, vagando per le strade a tutta velocità, provocarono un incidente automobilistico e malmenarono lo sconosciuto guidatore. Poi, spersi senza meta per le campagne, avendo smarrito la via, finirono in un tetro castello abitato da un anziano signore (Christopher Lee, erroneamente accreditato senza la prima H del nome nei titoli di testa) che fece loro una strana proposta: avrebbe donato una sconfinata ricchezza se l'avessero aiutato a trovare la donna amata, misteriosamente scomparsa nel castello. Ancora in preda ai fumi dell'alcool, tra sale piene di specchi, scale a chiocciola e allucinanti apparizioni, costantemente seguiti da un grande ragno con occhi semi-umani, vissero un incubo allucinante. Solo all'alba riuscirono a fuggire dal castello, pentiti del terribile gesto compiuto nei confronti dello sconosciuto automobilista, stranamente assomigliante allo spettrale castellano.
Un film assai bizzarro che inizia come uno spy-movies, che ha un breve sipario da musicarello, e prosegue come un horror gotico; ma nel complesso più surreale che horror. Lo svolgimento a flashback è abbastanza disorientante e confusionario, e sembra piuttosto che la cornice sia stata appiccicata nel tentativo di supportare una storia troppo scarna. Una storia di redenzione? Un racconto anacronistico in cui s'intrecciano presente e passato? Una vicenda sul tema del doppio? La misteriosa donna amata smarrita nel buio castello rappresenta la coscienza? Il castellano come metafora di un guizzo di ragione venuto a salvare i dannati protagonisti, o la rappresentazione del diavolo tentatore? Richiamo al mito di Faust? Difficile dirlo quando non c'è né capo né coda e un finale aperto, talmente aperto da arrivare all'improvviso. Sta di fatto che Christopher Lee, colui che dovrebbe rappresentare la maggiore attrattiva, compare solo per pochi minuti in un film piuttosto corto ma di una prolissità esasperante. Il montaggio, lentissimo e ripetitivo, sarà stato voluto tale ai fini della suspense. Gli interni del castello, fotografati in un cupo bianco e nero, sembrano sempre la stessa stanza, e la scena dove i malcapitati salgono la scala a chiocciola è infinita. Un esempio anomalo e curioso nel panorama del gotico italiano, una piccola pellicola che non sa bene dove collocarsi. Il regista, avvolto nel mistero, ha realizzato solo questo film. Musiche di Berto Pisano. Conosciuto anche col titolo KATARSIS.
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