Regia/Director: Carlo Verdone
Soggetto/Subject: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone
Sceneggiatura/Screenplay: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone
Interpreti/Actors: Veronica Pivetti (Fosca), Claudia Gerini (Jessica), Cinzia Mascoli (Valeriana), Maddalena Fellini, Carlo Verdone (Raniero), Carlo Verdone (Ivano), Carlo Verdone (Giovannino), Nanni Tamma, Fabrizia Dal Farra (donna treno), Alfiero Alfieri (sacerdote), Paolo Conticini (primo agente), Manuela Arcuri, Ugo Luly (Ten. Dezza), Cristina Ascani (sorella Jessica), Massimo De Lorenzo (funzionario PS), Gloria Sirabella, Luis Molteni (prof. De Vitiis), Giuliano Ghiselli (cameriere ristorante Versilia), Mario Granato (vice commissario), Claudio Pisacane (uomo treno), Angela Masini (madre Ivano), Marcello Magnelli (corteggiatore Valeriana), Alessandro Ruo (Ten. Lo Giudice), Marzia Nanni (spogliarellista), Agnese Ricchi (Loredana, sorella Giovannino), Enzo Salomone (controllore treno), Nicoletta Papetti (cameriera Firenze), Edoardo Siravo (Stefano, marito Gloria), Ermanno Schiavina (vescovo), Francesco Romei (padre Ivano), Paolo Triestino (Ugo, fratello Giovannino), Martino Scovacricchi (Col. Cassian), David Sumner (chitarrista), Gianni Vagliani (avv. Taddei), Costantino Valente (Mirko), Adriana Volpe (Marcella, la commessa)
Fotografia/Photography: Danilo Desideri
Musica/Music: Fabio Liberatori
Costumi/Costume Design: Tatiana Romanoff
Scene/Scene Design: Maurizio Marchitelli
Suono/Sound: Benito Alchimede
Montaggio/Editing: Antonio Siciliano
Produzione/Production: Cecchi Gori Group - Tiger Cinematografica
Distribuzione/Distribution: Warner Bros. Pictures Italia
censura: 90576 del 21-12-1995
Anno 1995, quindici anni dopo "Un sacco bello" e "Bianco, rosso e verdone", Carlo Verdone è di nuovo all'opera con un film a episodi intrecciati, con entrambi lo stesso Verdone protagonista, ed entrambi incentrati sull'avvio di tre disastrosi matrimoni: quello tra Raniero (ex Furio di "Bianco rosso e verdone") e Fosca (una bravissima Veronica Pivetti) , Giovannino e Valeria (Verdone e Cinzia Mascoli) e gli ormai storici Ivano e Jessica (Verdone e Claudia Gerini, nel ruolo che la fece conoscere al pubblico).
Ma non si tratta solo di questo: il film è un chiaro ritratto della crisi generazionale dell'uomo italiano negli anni '90, e l'episodio di Ivano e Jessica, vera lezione di commedia italiana, riesce nel compito di far emergere questa crisi.
Ma crisi di cosa ? Crisi di tre personaggi che fino a quel periodo sono riusciti nel bene o nel male a convivere nella società italiana, ma ai loro clichè, ai loro tic, non è più permesso prendere forma in questa fine millennio, che aprirà qualche anno dopo al Grande Fratello (grande sarabanda di vizi dell'italiano medio, e sono sicuro che il personaggio di Ivano in una trasmissione del genere ci avrebbe sguazzato), e ad un certo tipo di volgarità che la televisione italiana sarà pronta a diffondere.
Perchè, quindi, questi personaggi sono in crisi, se la società comunque diventerà ancora peggio? Perchè sono genuini, autentici. Per quanto il film infatti possa essere cattivo (ma pur sempre realista) e amaro, si intravede sempre nei tre personaggi un'etica, condivisibile o meno, ma pur sempre dettata da una sorta di buon senso.
Sono in crisi in quanto ultime vere testimonianze di una società ancora integra malgrado tutto, ma che si sta per sgretolare aprendo la strada alla mancanza assoluta di valori, al berlusconismo in politica e alla crisi economica e non solo, di cui oggi vent'anni dopo paghiamo ancora le conseguenze.
Ad un livello inferiore, c'è anche un'altra crisi: la commedia italiana, infatti , si spegne definitivamente con questo film. Cecchi Gori, ultimo vero distributore finanziario della commedia italiana, fallirà pochi anni più tardi. Ma è evidente che il fallimento non è solo economico: entra in crisi la comicità italiana, trionferà soltanto Benigni nel 1998, ma sarà una vittoria fortemente individualista, e poi "La vita è bella" non è certo un film comico a tutti gli effetti.
Ci proveranno in molti a risollevare la commedia italiana: Panariello, con scarsi risultati; Pieraccioni, ma dopo "Il ciclone" si limiterà a un'autentica copia di se stesso; Francesco Nuti, che poteva essere l'unica vera conferma, entrerà in una crisi, personale e lavorativa, molto profonda; i vari cine panettoni firmati Neri Parenti non saranno altro che un agglomerato di volgarità e battute demenziali.
Rimane Carlo Verdone: l'attore-regista romano, classe 1950, è l'unico tutt'oggi a riempire le sale cinematografiche (oltre al trio Aldo, Giovanni e Giacomo, a dire il vero, ma è un discorso che riguarda solo i loro primi film), l'unico ad essersi messo realmente in discussione quando serviva ( negli anni '80 con il rilancio grazie "Compagni di scuola" e nel 2000, interrompendo il suo lavoro per tre anni, per riscattare il brutto "C'era un cinese in coma") e l'unico che ha fatto della sua poliedricità la caratteristica fondamentale del suo cinema.
Il suo cinema è puro stile "commedia italiana", l'amaro in bocca che lasciano i suoi film (e questo in particolare) è lo stesso di Monicelli, Risi e Scola; come per questi ultimi non c'è niente da ridere, ma lo si fa per evitare di piangere.
I tre viaggi di nozze qui narrati finiscono tutti in maniera disastrosa: quello tra Raniero e Fosca , lui primario di un certo rango, lei donna triste e senza via di scampo, si attua a Venezia, in uno scenario tanto affascinante quanto inquietante, ma con una piccola deviazione iniziale a Bologna, dal professor De Vitiis, dottore e amico di Raniero, che visita Fosca a seguito di un suo svenimento dovuto alla consapevolezza di non riuscire a scappare dal treno che li stava accompagnando da Roma.
A Venezia Fosca, dopo aver consumato la prima notte di nozze, deciderà di suicidarsi, come la prima moglie di lui.
Quello tra Giovannino e Valeria, che avrebbe dovuto consistere in una crociera in Egitto, si interrompe per assistere prima al padre di lui, non calcolato dagli altri due figli, egoisti, e poi la sorella di lei, che fingerà di aver tentato il suicidio e ruberà la loro automobile. Per consolarsi, i due novelli sposi progetteranno un viaggio per Natale sui Caraibi, sperando di riuscire a trovare la pace che meritano.
L'episodio di Ivano e Jessica è certamente il più riuscito: ragazzi di strada, ragazzi di vita, grezzi, semi analfabeti, schiavi del telefono , del calcio e della volgarità, entrambi vanno in viaggio di nozze a Firenze, ma la noia (vuoi anche dovuta al fatto di sostare in una città culturale) li affligge: è la noia della loro generazione, che sta morendo. I tic dell’italiano medio romano e sessista si accompagnano perfettamente a lunghe scene lente e silenziose, capaci di raccontare bene un declino che non è poi diverso da quello che Moravia ne “Gli indifferenti” descrive a proposito della borghesia.
Il dramma di un rapporto sessuale fallito, vero attacco alla virilità dell’uomo italiano, e per questo inaccettabile, diventa pretesto per mettere in discussione il loro matrimonio appena iniziato ; e pretesto dunque per approfondire la loro condizione sociale: i due, per quanto innocenti possano sembrare agli occhi di un Pasolini, sono in realtà vittime di una società consumistica che non offre vie di scampo.
Il finale, come in ogni film di Verdone, rende bene l’idea: Ivano, di ritorno dal viaggio di nozze, arriva nella casa nuova, e, stanco della televisione, la spegne e inizia a tirare calci ad un pallone per tutta la casa, disperato. Metafora di una generazione senza più idee né ideali (se non quello, appunto, calcistico)?
Curiosità: Verdone, da sempre patito del rock, si diverte a sfoggiare, nell’episodio di Ivano e Jessica, un folto repertorio musicale: si passa dai Black Sabbath a Iggy Pop, ai Morphine.
Recensione a cura di:
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