RO.GO.PA.G (1963)

Regia/Director: Jean-Luc Godard, Ugo Gregoretti, Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini
Musica/Music: Carlo Rustichelli
Costumi/Costume Design: Danilo Donati
Scene/Scene Design: Flavio Mogherini
Suono/Sound: Bruno Brunacci, Luigi Puri
Produzione/Production: Arco Film (1960), Cineriz di Angelo Rizzoli, Société Cinématographique Lyre, Paris
Distribuzione/Distribution: Cineriz
Interpreti e personaggi:
- Illibatezza: Rosanna Schiaffino: Anna Maria, la hostess; Bruce Balaban: Joe, il corteggiatore americano; Gianrico Tedeschi: lo psichiatra; Carlo Zappavigna: Carlo, il fidanzato di Anna Maria
Maria Pia Schiaffino: una seconda hostess
- Il nuovo mondo: Jean Marc Bory: Lui; Alexandra Stewart: Alexandra
- La ricotta: Orson Welles: il regista; Mario Cipriani: Giovanni Stracci; Laura Betti: Sonia, "la diva"; Edmonda Aldini: Valentina, un'altra attrice; Vittorio La Paglia: giornalista; Maria Bebardini: la strip-teaseuse; Rossana Di Rocco: figlia di Stracci; Ettore Garofolo: comparsa (angelo); Lamberto Maggiorani: comparsa
Tomás Milián: comparsa; Giuseppe Berlingeri: il produttore; Andrea Barbato; Elsa De Giorgi; Enzo Siciliano
- Il pollo ruspante: Ugo Tognazzi: Togni, il padre di famiglia; Lisa Gastoni: la moglie; Ricky Tognazzi: il figlio; Antonella Taito: la figlia
censura: 39455 del 08-02-1963

Che cosa sarebbe stato “RoGoPaG” senza l’episodio “La ricotta” diretto da Pasolini? E’ una domanda che mi frulla in testa da molto tempo, e non trova risposta.
Lo avremmo trovato un film totalmente vuoto, in quanto privo dello scandalo attorno al vilipendio alla religione da parte di Pasolini, o avremmo cercato di valorizzare un po’ di più i tre episodi diretti rispettivamente da Rossellini, Godard e Gregoretti, magari esaltando il secondo, più da un punto di vista profetico che stilistico (cioè “fantascientifico) quale è?
Personalmente, riguardando il film, posso sostenere che minuto dopo minuto aumenta in modo incessante la voglia di arrivare a “La ricotta” di Pasolini , come se gli altri episodi fossero meno importanti, di contorno, quindi sorvolando particolari, e (lo ammetto) sbuffando un po’.
“La ricotta” è oggettivamente l’episodio più riuscito e dal ritmo più coinvolgente, oltre a quello più studiato da esperti di storia del cinema, e certamente più impegnativo da analizzare e contestualizzare.
Ma è importante commentare anche cosa succede dopo “La ricotta”, ovvero l’episodio “Il pollo ruspante” di Ugo Gregoretti, che (come “La ricotta”) meriterebbe un film tutto per sé.
Quest’ultimo è il perfetto sequel tematico dell’episodio di Pasolini, sa mettere il punto finale, sa essere cattivo, spietato, cinico e senza speranza proprio come tutta la filmografia pasoliniana. “Il pollo ruspante” è la vera sorpresa del film, è il vero culmine del “Laviamoci il cervello”, sottotitolo perfetto del film.
Quattro episodi per quattro autori, “che si limitano a raccontare  gli allegri principi della fine del mondo”, dunque.
1) Il primo, “Illibatezza” , scritto e diretto da Roberto Rossellini, è certamente difficile da apprezzare in quanto poco riuscito, ma è comunque identificabile il messaggio che intende rivelare.  Rossellini critica la morale dell’epoca, rovesciandola: non è più la donna prosperosa e sexy ad eccitare, ma la donna normale.
L’episodio è infatti incentrato sulla figura dell’hostess Annamaria, interpretata da Rosanna Schiaffino, vittima dell’ossessione di uno squallido signore americano, passeggero del volo che ha portato entrambi a Bangkok (goffamente ricostruita a Cinecittà). Egli, ossessionato dal suo essere “acqua e sapone”, non saprà poi come agire nel vederla (sotto consiglio di uno psichiatra, amico del fidanzato) prosperosa, totalmente cambiata nel look e attillata.
2) Il secondo episodio, “Il nuovo mondo” puo’ essere considerato come l’inizio di tutta una serie di film fantascientifici che seguiranno negli anni successivi. Una super esplosione atomica a Parigi ha cambiato le relazioni tra individui, malgrado “Le Figaro” sostenga che a livello fisico non è stato riscontrato alcun danno.
Non si riesce più a comunicare, è come se il personaggio femminile (la bellissima Alexandra Stewart)  ad un certo punto non riesca più a parlare la stessa lingua dell’altro, e qui Godard è bravissimo a trasmettere allo spettatore il fastidio dell’incomprensione (metafora dell’incomprensione che vivono in molti negli anni 60, tra speculazioni edilizie e mutamenti di vita repentini? ).
L’unica via di fuga per il protagonista maschile sarà scrivere la cronaca di quello che sta capitando a Parigi, per paura (o in attesa) di essere contaminato anche lui da un mondo ormai privo di logica.
3) Su “La ricotta” di Pasolini si è detto tanto, si è analizzato ogni singolo secondo di pellicola , si è dato sfogo a possibili interpretazioni, peraltro tutte plausibili e giustificate.
Qui, se mai ci fosse stato il bisogno di puntualizzarlo, il pensiero di Pasolini non è più espresso solo dal punto di vista figurativo, ma proprio verbale: Orson Welles incarna letteralmente l’alter ego dello scrittore-regista; da un libro intitolato “Mamma Roma” recita una poesia di Pasolini (“Io sono una forza del passato”) e definisce il giornalista di “Teglie Sera” , intrufolatosi sul set per porre al regista domande prettamente banali, prettamente scontate, prettamente borghesi, “uomo medio”:  "Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste... “.
Ovviamente il giornalista non capisce, o sembra non capire, simbolo di una società borghese artefice di un momento storico identificato  da Pasolini come “un secondo fascismo”.
Orson Welles verrà inquadrato più avanti con due bambini accanto: anche qui l’identificazione con Pasolini è forte,  e vi si presenta un sottile parallelismo con quello che dirà il personaggio di Cristo ne “Il vangelo secondo Matteo”, il successivo lungometraggio di Pasolini, a proposito della fanciullezza (“è possibile accedere al regno di Dio con cuore puro come quello dei bambini”) , identificando a un secondo livello il personaggio di Pasolini con quello di Cristo.
Ma a mio parere, elemento chiave dell’episodio è un piccolissimo dettaglio: il momento in cui viene innalzata la corona di Cristo, su richiesta del regista Orson Welles/Pasolini, con, nello sfondo, le case della nuova borghesia italiana in costruzione o già in fase di avvio: qui in questa commistione di  modernità e la tradizione, di sacro e  profano (che si alternano poi tra la bellezza delle pale d’altare del Pontormo e del Rosso Fiorentino, e i modi popolari e grezzi delle comparse, che prima giocano a dadi ai piedi di Cristo, poi lo fanno cadere dalla croce) viene messa in scena la vicenda di Stracci, che nel “film nel film” interpreta il ladrone buono, ma è anche il nuovo (all’epoca) Cristo, proletario, povero, morto di fame, semianalfabeta e sfuggito alle regole del consumismo.
Stracci si arrabatta a modo suo: dopo aver offerto il suo cestino alla famiglia, si traveste da donna per ottenerne un altro, ma il cane dell’attrice Sonia (Laura Betti) glielo divora.
Arrabbiato, decide di vendere il cagnolino al giornalista “uomo medio”, e con la paga si compra tutta la ricotta che puo’, e che poi sarà la causa della sua morte di indigestione.
Come tutti sanno, è “La ricotta” il vero episodio protagonista del film: la si aspetta sempre con ansia, ogni volta è occasione di interpretazioni diverse, ogni volta ci lasciamo travolgere dal suo scandalo.
La pellicola venne censurata e tagliata, Pasolini venne accusato di vilipendio alla religione e condannato a 4 mesi di reclusione, preparando il terreno per “Il Vangelo secondo Matteo”, a detta di molti il suo vero capolavoro.
4) “Il pollo ruspante”, come ho detto prima, è il degno seguito de “La ricotta”. Qui, a differenza dell’episodio di Pasolini, non vi è un vero e proprio scontro tra sacro e profano, ma la citazione biblica iniziale appare profetica e mirata al periodo storico in cui viene girata la pellicola.
Accattivante, consumista, capitalista, questo episodio rappresenta lo squallore di una famiglia manipolata dal Boom economico, composta da uno splendido Ugo Tognazzi , Lisa Gastoni e i due figli , Ricky Tognazzi e Antonella Taitò.
Vittime della pubblicità e delle tendenze, una domenica, tutti insieme si recano dopo pranzo a visitare un lotto da comprare un lotto di terreno da acquistare per costruire una villetta a schiera, ma, essendo troppo alto il prezzo richiesto (o meglio, troppo bassa la loro offerta, il che è diverso ed è praticamente il senso di tutto l’episodio), rifiutano un po’ a malincuore, un po’ con orgoglio.
Inizialmente, sembra che il protagonista mostri un attimo di consapevolezza, sembra che la propria dignità personale abbia prevaricato, sembra un po’ il finale di “Una vita difficile”, con un “chissenefrega” urlato contro la ricchezza, lo sperpero e la mancanza di etica; ma durerà poco il tutto: in auto, durante il viaggio di ritorno, egli sembra mangiarsi le mani e continua a fare in modo che i conti tornino, inutilmente.
Finisce poi come è finito l’italiano medio di quel periodo storico: contro un Tir poderoso e senza via di scampo.
Come sostenuto prima, non saprei rispondere alla domanda iniziale. E’ ovvio che “La ricotta” ha rappresentato per il cinema una vera e propria rivoluzione, ma senza di lei cosa sarebbe stato questo film? Molto probabilmente “La ricotta” è niente senza RO- GO e G e viceversa.
Il primo episodio, forse a questo punto il più candido, è la premessa per il secondo, in modo da ottenere poi che il terzo, protagonista indiscusso, venga poi contestualizzato grazie all’ultimo. Ma è davvero così? O la successione degli episodi è casuale, poiché suonava bene il titolo ROGOPAG?
L’unico modo per analizzare questo film è trattarlo come un vero e proprio documento storico, una presa di posizione che arriva dritta dal cuore del cinema al cuore della morale benpensante. Riuscito o meno dal punto di vista della narrazione , riesce sicuramente nel suo compito di essere testimone di un periodo ancora nero per la libertà di pensiero.
Lo squallore di certi personaggi presi di mira (dal giornalista che importuna Orson Welles all’americano brutto e viscido di “Illibatezza”) è reale e ben descritto; essi creano una vera e propria compagnia, un gruppo di persone che hanno un comune denominatore, che ballano allegramente.
Qualcosa è sicuramente cambiato dopo questo film, che è in definitiva un vademecum per chiunque voglia trattare l’argomento “censura nel cinema italiano”.
Curiosità: Pasolini “compare” anche nell’episodio di Gregoretti: qui il piccolo Ricky Tognazzi accoglie il padre vestito da bambino, e alla domanda del padre “Chi sei oggi? Nembo Kid?”, il piccolo risponde: “Sono Pasolini”: omaggio-verità, ai tempi Pasolini era davvero visto dalla morale borghese come una sorta di bandito.

Recensione a cura di:
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