SALVO (2013)


Regia: Fabio Grassadonia, Antonio Piazza
Sceneggiatura: Fabio Grassadonia, Antonio Piazza
Produttore: Massimo Cristaldi, Fabrizio Mosca
Casa di produzione: Acaba produzioni, Cristaldi Pictures, MACT Productions, Cité Films, arte France Cinéma
Distribuzione: Good Films
Fotografia: Daniele Ciprì
Montaggio: Desideria Rayner
Scenografia: Marco Dentici
Costumi: Mariano Tufano
Interpreti: Saleh Bakri (Salvo); Sara Serraiocco (Rita); Mario Pupella (il boss); Giuditta Perriera (Mimma Puleo); Luigi Lo Cascio (Enzo Puleo)

Un killer della mafia salva un boss da un agguato, elimina nel conflitto a fuoco due attentatori, e ne insegue un terzo dal quale estorce – prima di finirlo - il nome del mandante; penetra quindi in casa di quest’ultimo – ne attende il rientro - e lo elimina senza pietà. La sorella dell’ucciso, Rita (Sara Serraiocco), una ragazza cieca che aveva in qualche modo provato ad avvertire il fratello, sta per subire la stessa sorte ma proprio quando Salvo (Saleh Bakri), questo il nome del killer, le punta la pistola alla testa per giustiziarla sembra cominciare a riacquistare la vista. Salvo, colpito da questa sorta di miracolo, decide quindi di graziarla, la nasconde in un luogo sicuro e condivide con lei una tenera passione prima di venire a sua volta freddato.

Il film si sviluppa lungo le sue quasi due ore di durata  praticamente senza dialoghi né colonna sonora - eccezion fatta per il brano dei Modà ‘Arriverà’ che nel contesto filmico assurge a qualcosa di più di semplice canzone.  E’ un film quindi che punta tutto sull’attenzione visiva richiesta allo spettatore, attenzione che si trasfigura ben presto in qualcosa di via via più sensoriale man mano che Rita dimostra di recuperare la vista e Salvo comincia a provare del sentimento nei confronti della ragazza. L’attenzione è mantenuta costantemente viva grazie alla bravura degli attori e ad una regia molto accurata: sangue, lacrime, polvere, morte, rassegnazione, religione, amore, avidità, vendetta, squallore, bellezza, perdòno, poesia sono alcuni dei tanti fili che intessono la trama di questa storia ambientata nella calura siciliana e che funziona molto bene lungo i binari emozionali e degli istinti primordiali.
   Un lavoro dunque che si contraddistingue per la sua notevole forza espressiva – e se talvolta l’indugiare della macchina da presa sui protagonisti, i lunghi piani sequenze, l’assenza di musica o dialoghi a volte sembrano fin troppo ricercati e alcuni espedienti - come ad esempio il cicalio che si sente quando Rita inizia a visualizzare qualche ombra e ad uscire dalla cecità – non pienamente riusciti, va dato atto comunque ai due registi palermitani – Fabio Grassadonia e Antonio Piazza - di aver realizzato un’opera prima decisamente personale, nella forma e nei contenuti.
L’accostamento allo stile di Kitano – specialmente a ‘Sonatine’ o Brother’ - ci sembra appropriato, pur se il film è in tutto e per tutto – e prima di tutto - un film siciliano. La sequenza in stile western in cui il boss (Mario Pupella) ha saputo che Salvo ha salvato la ragazza invece di ucciderla e se la vuole far consegnare è anch’essa molto riuscita, pur cui il film si segnala anche per la sua interessante commistione tra generi diversi (e a questo punto – nelle sequenze in cui Rita percepisce la presenza di Salvo - ci piacerebbe sapere se i registi si siano ricordati per caso anche di Cameron Mitchell in ‘Minnesota Clay’ di Sergio Corbucci).  Nota di  merito anche per il montaggio di Desideria Rayne e la fotografia di Daniele Ciprì. Buona visione.

Recensione a cura di:
  Carlo Giustiniani | Crea il tuo badge



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