I RACCONTI DI CANTERBURY (1972)


Regia/Director: Pier Paolo Pasolini
Soggetto/Subject: opera
Sceneggiatura/Screenplay: Pier Paolo Pasolini
Interpreti/Actors: Pier Paolo Pasolini (Geoffrey Chaucher), Laura Betti (donna di Bath), J. P. Van Dyne (Cook), Derek Deadmin (indulgenziere), George Bethell Dach (oste), Hugh Griffith (sir January / Teofrasto), Joséphine Chaplin (May), Oscar Fochetti (Damiano), Giuseppe Arrigo (Plutone), Elisabetta Genovese (Proserpina), Franco Citti (diavolo), Daniele Buckler (secondo cacciatore di streghe), Tony Moore (spia), Ninetto Davoli (Peterkin, il buffone), Michael Balfour (Giovanni, il legnaiuolo), Jenny Runacre (Alison), Dan Thomas (studente di Oxford / Nicholas), Peter Cain (Assalonne), Martin Philips (Martin, compagno di Assalonne), Reg Stuart (quarto marito), Tom Baker (Giannozo), Judy Stewart-Murray (Lisotta), Patrick Duffet (Alan), Albert King (Simking, il mugnaio), Eileen King (sua moglie), Heather Johnson (Tilde), Robin Asquith (Rufo), Martin Whelar (Jack la giustizia), John McLaren (Johnny la grazia), Alan Webb (vecchio), John Francis Lane (monaco), Hugh McKenzie Bailey (Tommaso), Settimio Castagna (angelo), Vernon Dobtcheff (fattore), Franca Sciutto, Vittorio Fanfoni, Adrian Street (mugnaio), Nicholas Smith (frate), O.T. (primo cacciatore di streghe), Peter McGregor (mercante), Athol Coats (lussurioso ricco), Willoughby Goddard (Placebo), Peter Stephens (Giustino), Gordon King (rettore), Eamann Howell (John), Kervin Edward Monteith (Dick, il passero), Robert Brook Howard (cappellano delle monache), Selwyn Roberts (cavaliere), Roderick McLeod (scudiero), Charlotte Kell (priora), Ray Parks (sergente della legge), Terry Hooper (allodoliere), Judo Al Hayes (lottatore), Michael Derrek (Robin, il garzone), Alan McConnell (mastro Gervaso), Richard Hughes (economo), Andrew Dymock (Bill), Laurie Inch (Mary), Norman McGlen (padre di Peterkin), Charles De La Tour (taverniere), Stephen Calcutt (sposo), Diana Fisher (sposa), Francis De Wolff (padre della sposa), S. Leonard Brooks (bottegaio), Patrick Newell (prete), Christopher Greener (sir Elephant), Mary Stuart (prete), Ken Muggleston (medico), V. Edwards (vecchia), David Hatton (lussurioso povero), Karl Howman (primo effeminato), Philip Davis (secondo effeminato), Anita Sanders (moglie di Tommaso), Steve Whitton (giovane senza nome)
Fotografia/Photography: Tonino Delli Colli
Musica/Music: Ennio Morricone, Pier Paolo Pasolini
Costumi/Costume Design: Danilo Donati, Danilo Donati
Scene/Scene Design: Dante Ferretti, Dante Ferretti
Montaggio/Editing: Nino Baragli
Suono/Sound: Primiano Muratori
Produzione/Production: P.E.A. - Produzioni Europee Associate di Grimaldi Maria Rosa, Productions Artistes Associés, Paris
Distribuzione/Distribution: United Artists Europa
censura: 60532 del 22-06-1972

Prologo- Un gruppo di pellegrini, nell'Inghilterra di fine trecento, si prepara per mettersi in viaggio alla volta di Canterbury, al fine di rendere omaggio all'arcivescovo Thomas Beckett. A loro si unisce lo scrittore inglese Geoffrey Chaucer (Pasolini) che raccoglie le novelle raccontate dai vindanti per non annoiarsi.
Primo racconto- Ser Gennaio e la sposa Maggio. Si dimostra che il matrimonio tra un vecchio e ricco nobile, Sir January, con la giovane May, non porta che a ragionare di quanto siano creduloni e sciocchi gli uomini.
Secondo racconto- Il diavolo e l'inquisitore. Si dimostra quanto sia corrotta la Chiesa; un popolano sorprende, attraverso due fessure, un uomo ricco e uno povero intenti a rapporti omosessuali. Il primo corrompe il messo inquisitore, il secondo viene arso vivo nella pubblica piazza, presente il diavolo, travestito da venditore di ciambelle. Questi si vendicherà dell'uomo di chiesa, tradito dalla sua cupidigia.
Intermezzo- Chaucer prende nota delle novelle durante la sosta in una chiesa con la compagnia dei viandanti.
Terzo racconto- Perkin il festaiolo. Si dimostra l'allegria del buffo Perkin che, vestito da Charlot, si prende gioco del prossimo fino ad essere  arrestato dalle guardie che lo esibiscono alla gogna in piazza perchè tutti, a loro volta, possano sbeffeggiarlo.
Quarto racconto- Nicola ed Alison. Si dimostra la furbizia dei giovani e l'ingenuità dei vecchi. Un giovane studente, per conquistare la moglie di un legnaiolo, inventa un nuovo diluvio universale. Ottenuto quanto desiderato, la sua stupidità rovina la messinscena provocandogli molti guai.
Quinto racconto- La donna di Bath. Si dimostra la lussuria e la voracità matrimoniale di una donna che non esita, dopo la morte del suo quarto marito, a sposare, subito dopo, un giovane studente di Oxford che vincerà il confronto con la logorroica moglie.
Sesto racconto- Gli studenti e il mugnaio. Si dimostra che chi vuole gabbare, spesso, è gabbato. Due giovani studenti di Cambridge vengono mandati dal mugnaio per imparare come si semina e si macina. Il mugnaio vuole truffarli, ma alla fine perderà la farina e gli studenti riusciranno ad amoreggiare con la moglie e la figlia.
Intermezzo- Chaucer scrive mentre, tra i pellegrini, quattro giovani si accompagnano con alcune prostitute e uno compie atti volgari contro gli avventori della taverna.
Settimo racconto- I tre amici e "la morte". Si dimostra che, spesso, l'avidità supera l'amicizia e porta la morte. Tre amici, alla ricerca delle cause che hanno ucciso un loro amico, scoprono un tesoro abbandonato sotto un albero. Messi alla guardia del bottino, due di loro si accordano per uccidere il terzo e spartirsi la fortuna. Quest'ultimo, tornato dal vicino paese dove ha comprato pane e vino per rinfocillarsi, avvelena la bevanda, ma viene pugnalato a morte dai due che muoiono tra mille dolori al ventre.
Ottavo racconto- Il frate avido. Si dimostra che la cupidigia di ricchezze di un frate lo porta diritto all'inferno.
Dopo aver tentato di sottrarre i beni di un uomo in fin di vita, un angelo porta all'inferno il frate dove lo aspettano i demoni e le pene immonde del luogo maledetto.
Epilogo- I pellegrini giungono a Canterbury e Chaucer conclude la sua opera con la frase: "Qui finiscono i racconti di Canterbury, narrati solo per il piacere di raccontarli. Amen".

"I racconti di Canterbury" esce nelle sale nel 1972 e rappresenta la seconda opera della cosiddetta trilogia della vita, preceduta dal "Decameron"(1971) e seguita da "Il fiore delle mille e una notte"(1974). Il film è liberamente tratto da alcune novelle scritte da Geoffrey Chaucer tra il 1387 e il 1400 che hanno dato vita all'incompiuto, per la morte dello scrittore, "I racconti di Canterbury".
Girato tra settembre e novembre 1971, è presentato nel luglio '72 al Festival di Berlino dove vinse l'orso d'oro. La sceneggiatura originale fu modificata più volte, rendendo il racconto filmico più snello. Tagli vennero effettuati dal regista a proposito delle figure dei pellegrini che introducono i racconti e tagliate parte delle apparizioni di Pasolini-Chaucer. Anche l'ordine delle novelle fu modificato. Queste annotazioni, pur tecniche, fanno già capire che non ci troviamo di fronte al percorso lineare, allegro, solare del precedente "Decameron", ma ad un unicum del regista, fonte di incertezze e ripensamenti, che sposta l'interesse, questa volta, dai visi, dalle storie, dai ritratti dei personaggi e dalla luce del set agli elementi che rendono esclusivo ed irripetibile il significato e lo svolgimento filmico.
Elementi come sesso ( negazione della sensualità del corpo), morte (evento liberatorio) e parola (espressione e canto) superano i conosciuti stilemi precedenti e proiettano nuovi meccanismi che Pasolini vuol far arrivare al pubblico.
Vediamo come:
-Il sesso. Questa volta non troveremo la fresca napoletanità del rapporto carnale che realizza il gioco dell'amore, lo scherzo della vita; nei "Racconti" l'atto sessuale è grezzo, meccanico, solo corporeo. E' un bisogno fisiologico che non ottiene approvazione dagli spettatori, non aiutati dal contesto e dalla più cupa e grigia fotografia rispetto a quella solare ed invitante del decamerone. Pasolini non offre nessuna piacevolezza e le espressioni corporali più vili non aiutano certo a recuperare ammirazione per i corpi esposti.
Viene affrontato con questo registro anche il tema della omosessualità, con vergogna e a distanza, accarezzando l'osceno della sodomia con disgusto, tanto da giudicarlo, nella novella del "diavolo e inquisitore", meritevole della pena di morte sul rogo pubblico applicata all'omossessuale povero, colto in fragrante e senza speranza di comprare la redenzione del suo vizio. Non rinuncia alla dimostrazione esplicita dell'atto, così ripugnato dalla morale degli anni settanta, ma non lo ritiene ancora pronto per essere liberatorio. Il fuoco fa giustizia e pulisce tutta la sozzura.
Sembra una svolta negativa sui temi sessuali, in forte e positiva maturazione fino ad allora, film per film. Ne "Il fiore delle mille e una notte" recupererà tutta la solarità e la freschezza, ma finirà nel baratro nel seguente terribile "Salò".
-La morte. Ne "I racconti" la fotografia è grigia e cruda; gli esterni sono plumbei e, anche quando viene filmata la festa all'aperto nell'episodio "La donna di Bath", la luce non convince, il sole non è vivo, è velato come le relazioni tra gli attori.
E' in questo contesto che emerge sempre la morte; è il film della trilogia più segnato da essa. In quasi tutte le novelle scelte viene rappresentata; Pasolini la trasforma in evento pubblico, rituale e atteso nel rogo della piazza dove vengono scritte le regole del potere; in evento privato, non liberatorio, quando la morte si appropria della vita del messo inquisitore, vita già persa dai suoi peccati e, infine, in evento superiore di giustizia quando punisce i tre amici accecati dalla loro avidità.
Il freddo paesaggio britannico sembra favorire il conflitto tra vita e morte e quest'ultima vince nell'indifferenza fatale.
Si consuma sesso e morte senza speranza.
Parole e canti- Nel "Decameron" il linguaggio espresso dal dialetto napoletano è cantico di gioia e si adatta pienamente al contesto visivo; qui è decifrazione, spiegazione delle intenzioni che gli attori usano per conoscersi e farsi riconoscere. In Boccaccio le parole sono villane, popolari, in Chaucer sono ruffiane, malcelate per le bugie borghesi.
La donna di Bath è di per sè esplicativa quando, famelica di sesso e onnivora di parole, chiacchiericci da signora inglese, in punto di morte, per osmosi, morde la lingua del marito come massimo strumento di tortura e di punizione.
Tante parole per rappresentare lo sconcio, l'accidia, il delitto, la vergogna.
Pasolini usa molto bene la musica che cura in prima persona con la collaborazione di Ennio Morricone. Trae elementi popolari, gaelici che rendono bene le caratteristiche di quella società arcaica. Il canto è presente, diegetico, e ci accompagna nelle feste medievali, nelle processioni come voce di giullare che addolcisca la corte. Citazione per la musica napoletana con la suadente "Fenesta ca lucive e mò nun luce".
Pasolini gira molto con la mdp a mano, più del consueto; pochi primi e primissimi piani come ci aveva abituato. Tanti carrelli e inquadrature su angolazioni per lui non usuali.
Pittore come scrittore come regista.
 Il messaggio metacinematografico è eccezionale e, tanto è presente tra la gente, nel mercato, nel lavoro fisico corporeo il pittore del Boccaccio, così è riservato, ritirato nel suo studio, a confronto con la petulante moglie e timido lo scrittore di Chaucer. Entrambi sono sereni e costruttori di cose da ricordare.
Neanche questa volta manca la denuncia sociale delle prepotenze e delle bassezze del potere, da quello secolare a quello religioso magnificamente fustigato, anche con qualche tratto di volgarità, nella scena dell'inferno dal grande effetto pittorico-visivo.
A Ninetto Davoli è affidato l'episodio più comico, venato da vestiti e movenze chapliniane che liberano finalmente lo spettatore al divertimento più coinvolgente.
Plutone, Proserpina, il diavolo, l'inferno: miti, religione e divinità pagane che influenzano ancora la vita del popolo; visi non attoriali per persone dalla recitazione spontanea.
Le storie non hanno spazio, nè  tempo; Pasolini prende lo spunto, lo sviluppa e lo proietta per tutte le culture di ogni tempo, di ogni luogo e di ogni persona che le voglia fare proprie.
E' ancora una volta un grande sogno, in questo film più razionale e duro, nel quale ho trovato un pò di malizia, un pò di immaginazione, la creatività e tanto amore per il cinema.

Note:
-Al festival di Berlino del 1972 fu presentata l'edizione di 140 minuti, poi portata a 111 minuti dallo stesso regista, tra molti ripensamenti, che portarono alla totale riedizione del montaggio.
-Vinse l'orso d'oro, ma fu stroncato non solo dalla critica italiana che ne prese le distanze, ma soprattutto da quella inglese che lo accusò di "vuotezza" e di "banalizzazione della materia".
-Come per il "Decameron" anche "I racconti" furono presi di mira dalla censura che non fece mancare la sua triste presenza; il film fu vietato ai minori di 18 anni e fu bersagliato da diverse denunce di oscenità che portarono il regista e il produttore Alberto Grimaldi a processo. Assolti nel dicembre '73, il film tornò nelle sale italiane.
-L'uscita de "I racconti di Canterbury" diede il via a un minifilone di commedie sexi ad esso ispirate: "Gli altri racconti di Canterbury" del 1972 di Mino Guerrini, "I racconti di Canterbury n. 2" del 1972 di Lucio Dandolo, "...e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno" del 1973 di Bitto Albertini, "Fra' Tazio da Velletri" del 1973 di Romano Gastaldi (e Aristide Massacesi), "Le mille e una notte di Boccaccio a Canterbury"o"Novelle licenziose di vergini vogliose" del 1973 di Joe D'Amato, "I racconti di Viterbury-le più allegre storie del '300" del 1973 di Mario Caiano.
-Chaucer scrive un romanzo a forma di novelle copiando la struttura del romanzo del Boccaccio.

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