IL DIO SERPENTE (1970) di Piero Vivarelli - recensione del film

IL DIO SERPENTE (1970) di Piero Vivarelli
Una giovane e splendida donna sposa un ricco uomo d’affari e si trasferisce ai Caraibi per riunirsi al marito. La vita per Paola prosegue come in un sogno, tra mare ed incantevoli paesaggi tropicali, fino al giorno in cui incontrerà Stella, un’abitante del luogo ed ex-segretaria del marito. Sarà lei ad introdurla nel mondo della magia e del culto del dio serpente, che le cambierà completamente l’esistenza…

Un anno dopo “Satanik”, Piero Vivarelli ci riprova con un film che spazia tra diversi generi: un po’ mondo movie per le ambientazioni esotiche, lontanissime dalla società civilizzata, e le lunghe (e noiose) sequenze che ritraggono gli indigeni durante i loro riti ed usanze (come quella del sacrificio della capretta); un po’  erotico - religioso per le diverse scene di nudo e di sesso, sempre molto soft, tra una giovanissima Nadia Cassini (all’epoca ventunenne), futura regina delle commedie all’italiana (assieme alle varie Fenech, Guida, Rizzoli, Carati ecc) ed il dio serpente Djamballà personificato da un alto e muscoloso indigeno locale. Purtroppo ne esce fuori un film con pochi pro e molti contro.
Paola (Nadia Cassini) cerca di dare una svolta al suo matrimonio recandosi col marito (Galeazzo Benti) in un'isola dei Caraibi dove il marito possiede una piccola tenuta. Qui familiarizza con una ragazza del luogo, Stella (Beryl Cunningham), ex segretaria del marito, che la inizia ai riti voodoo della sua tribù. Completamente suggestionata, Paola è ossessionata dal desiderio di offrirsi a Djamballà, un aitante uomo di colore che prende il nome dal dio serpente a cui è devota la comunità del luogo e di cui è incarnazione. Per sfuggire a questo desiderio, Paola fa giungere ai Caraibi anche il suo amante Tony (Sergio Tramonti), tuttavia non sarà sufficiente a far rinsavire la ragazza che, plagiata in maniera totale, diverrà adepta del dio serpente Djamballà.
Come detto in precedenza la pellicola ha più contro che pro: seppur lodevoli ed affascinanti sono,rispettivamente, la regia di Piero Vivarelli e la bella fotografia di Benito Frattari e Francesco Alessi, che mostra spiagge, foreste ed ambienti incontaminati, si può tranquillamente affermare che il film ha una storia abbastanza noiosa ed una realizzazione piuttosto macchinosa e priva di idee, alcune sequenze sono troppo lunghe e di poco interesse, troppo documentaristiche anche per un documentario vero e proprio! Le recitazioni sono solamente sufficienti e i dialoghi sono mediocri e privi di brio. Non si può neanche dire che il regista abbia puntato sul lato erotico della pellicola perché, pur strizzando l’occhio al pubblico maschile, mostrando nudi sia della Cassini che della Cunningham (moglie del regista), non ci sono né scene particolarmente weird da diventare cult, come per esempio la scena di Edwige Fenech e la capretta in “Top Sensation”, né  scene da far gridare allo scandalo alla “Joe D’amato”.  Un altro punto a favore del film sono le musiche, nello specifico, particolarmente azzeccato è Il Tema principale Djamballà, composto da Augusto Martelli ( che fu motivo di contenzioso tra lui e Dario Baldan Bembo per la paternità), ballata sognante e solenne con vocalizzi, tamburi, flauti e l’immancabile (all’epoca) organo hammond di rockprogressiviana memoria. Questa colonna sonora ebbe un grande successo all’epoca, e permise al film di non fare la fine che meritava, ovvero passare subito nel dimenticatoio, promuovendolo addirittura a micro cult.
In linea generale consiglierei la visione solamente ad un pubblico che ama rovistare pesantemente nel passato del nostro cinema di genere, in seconda battuta ai fan di Nadia Cassini, che in questo film interpreta forse il ruolo più importante della carriera, quello della protagonista.

Curiosità:
In un'intervista il regista Vivarelli rilasciava queste dichiarazioni: Il dio serpente nasce per via del mio matrimonio con Beryl Cunningham. Ero sempre stato appassionato dalla musica afro-americana e dalla storia degli schiavi. Avevo sentito di una storia giamaicana di una bianca che era stata istruita all'arte del voodoo e allora mi venne in mente la storia del Dio serpente, cioè di una ragazza italiana che va ai Caraibi, scopa con Djamballà, il dio serpente e quando tu hai scopato con dio - lui scopava, appunto come un dio - non riesci più a scopare con nessun altro.


Dialoghi e Frasi da ricordare:
·       Stella (parlando con Paola):  “Non è poi necessario rimanere selvaggi per continuare a credere. C’è gente invece, che non è più selvaggia e crede al proprio Dio solamente quando ne ha bisogno”.

·       Sebastian (rivolgendosi a Paola): “Dio è vita, quando il mare è più forte di te… abbandonati all’onda.


Regia: Piero Vivarelli; Soggetto: Piero Vivarelli; Sceneggiatura: Piero Vivarelli, Ottavio Alessi; Interpreti: Nadia Cassini (Paola Lucas), Beryl Cunningham (Stella), Evaristo Marquez, Sergio Tramonti (Tony), Galeazzo Bentivoglio [Benti] (Bernard Lucas), Juan Sabreda, Claudio Trionfi; Fotografia: Benito Frattari; Musica: Augusto Martelli; Montaggio: Carlo Reali; Produzione: Finarco, Films; Venezolanos, Caracas; Distribuzione: Panta Cinematografica; censura: 56183 del 10-11-1970; Altri titoli: La possédée du vice

Commenti

salvo salerno ha detto…
Non è il genere di film che riesco ad apprezzare nè quello che scelgo al posto di un'altro. L'ho visto per caso ed, esattamente come scrive Emanuele, perchè rapito dalle musiche, dai fantastici luoghi tropicali, dalla fotografia e dalle bellezza delle protagoniste, il tutto perfettamente amalgamato nello splendore paesaggistico. La trama del film credo sia, come accadeva spesso, un pretesto per girare il film. Per quanto la storia sia superficiale il film merita di essere visto per i motivi che dicevo che, poi, sono quelli che precisava Emanuele nella sua bella recensione stilata senza ombra di pregiudizio. Sei bravo Emanuele, mi sa che ci hai preso gusto.