BENVENUTI AL NORD (2012)



Regia/Director: Luca Miniero
Soggetto/Subject: Luca Miniero, Fabio Bonifacci
Sceneggiatura/Screenplay: Luca Miniero, Fabio Bonifacci
Interpreti/Actors: Claudio Bisio (Alberto), Alessandro Siani (Mattia), Angela Finocchiaro (Silvia/Erminia), Valentina Lodovini (Maria), Nando Paone (Costabile piccolo), Nunzia Schiano (signora Volpe), Salvatore Misticone (Scapece), Fulvio Falzarano (Ciaparatt), Giuseppe Pirozzi (Edinson), Gian Marco Pozzoli (Magonza), Ippolita Baldini (Dodi), Katia Follesa (tassista), Francesco Brandi (Sandrino), Teco Celio (leghista), Francesco Migliaccio (Comisoni), Paolo Rossi (Palmisan), Alessandro Vighi (Chicco), Giacomo Rizzo (Costabile grande), Carlo Gabardini (barista), Maria Bolignano (vicina di casa di Mattia), Camilla Diana (ragazza della discoteca), Stella Maris (vicina di casa di Alberto), Daniela Gervasi (ragazza dell'aperitivo), Hu Jinyue (fruttivendolo), Sara Laura Lorenzetti (ballerina del Duomo), Emma (Emma)
Fotografia/Photography: Paolo Carnera
Musica/Music: Umberto Scipione
Costumi/Costume Design: Eleonora Rella
Scene/Scene Design: Paola Comencini
Montaggio/Editing: Valentina Mariani
Suono/Sound: Alessandro Bianchi
Produzione/Production: Medusa Film, Cattleya, Sky Cinema, Mediaset Premium
Distribuzione/Distribution: Medusa Film S.p.A.
Vendite all'estero/Sales abroad: Medusa Film S.p.A.
censura: 104940 del 11-01-2012

– La fiera del “qualunquismo razziale”.
Nel triste panorama della nostra cinematografia, quella del “ragazzo che cresce, cinquantenne in crisi e vacanza per minorato mentale” come da sintesi tarantiniana, quando viene fuori un prodotto come Benvenuti al Sud (2011) il pubblico italiota, che evidentemente si accontenta tra “Idioti”, “Zelighiani” e “Sketchisti”, grida subito al miracolo.
Tanto che, a fronte di una certa qualità priva di volgarità ma anche di intrinseche santificazioni, e di uno strepitoso successo al botteghino, si è prevedibilmente deciso di realizzare il sequel. Ricordiamo che il primo capitolo è un remake in salsa spaghettara del fenomeno francese Giù al nord (Dany Boon, 2007), ove la prospettiva “terrona” appariva rovesciata. I francesi, nonostante il trionfale successo di cassetta, hanno deciso di fermarsi. In patria invece, ecco nuovamente in pista Claudio Bisio e Alessandro Siani, i due eroi “Yin e Yang” della concezione ultra-stereotipata di un Belpaese dal sapore stantio, o forse meglio dire troppo stagionato. Ben 56 anni dopo l’immortale sequenza dell’arrivo di Totò e Peppino nel capoluogo meneghino in Totò, Peppino e la malafemmina fa ancora ridere il napoletano con la maglia di lana ad agosto e la caffettiera gigante perché il caffè “sulo a Napule ‘o sann fa’”? Evidentemente sì. In questo secondo capitolo ritroviamo Alberto (Bisio) nuovamente a Milano che si trova a dover ospitare Mattia (Siani), alle strette con la moglie, con il mantenimento del figlio (ovviamente chiamato Edinson, come il centravanti del Napoli Calcio) e con le magre finanze. Così dalle assolate lande di Castellabate (dove si va al mare anche sotto Natale, stando agli aneddoti dei personaggi), il giovane partenopeo si trasferisce sotto il Duomo per lavorare alle Poste. Alla ricerca del suo personale “Miracolo a Milano”, Mattia si stabilisce in casa di Alberto, anch’egli in crisi con la consorte dopo aver appreso che sarà costretto a impegnare un anno di week-end a causa del nuovo progetto E.R.P.E.S., rivoluzionario e ultrarapido sistema di lavoro concepito dal “Boss delle Poste” (Paolo Rossi). Il regista ci propone un antipatico “nebiùn” ricreato digitalmente che accoglie l’affranto Mattia, l’unico individuo di questo pianeta convinto che il sushi sia un piatto tipico milanese poco cotto e scondito. Non manca proprio nulla: il milanese che “laurà laurà laurà”, paranoico, nevrotico, con l’incubo dell’hobby riempitivo di un eventuale tempo libero che non esiste; la moglie (Angela Finocchiaro) snob, frigida, stressata che vorrebbe vederlo di più a casa e sogna lo chalet in montagna per il fine settimana (ovvio menù: polenta, salsiccia e funghi); il “boss” schizofrenico per il quale andare in bagno è una cancerogena perdita di tempo. In ultimo anche la ciliegina della suocera ultraleghista che neanche Franca Valeri (personaggio inutile, sempre interpretato dalla pur brava Finocchiaro), convinta che sotto Milano ci si trovi già in Terronia Centro. Bisio è un attore vero, ma raramente è stato utilizzato al meglio (ad esempio nel bellissimo Si può fare di Giulio Manfredonia) e pur strappando sorrisi, si limita a nuotare in lidi già pienamente consolidati del proprio repertorio. Problematica invece la controparte sudista, con Siani che ingloba tutte le ovvietà ancestrali del meridionale-macchietta alla Lacrime napulitane di Mario Merola. Eccolo infatti capitare in un circolo nazi-leghista che neanche Calderoli o Borghezio saprebbero concepire, il “Nord Libero” (slogan: “W la cassoeula”) e fingersi muto per paura di pericolose ripercussioni, anche se purtroppo sarà la sua suoneria Funiculì funiculà (onnipresente in ogni telefonino partenopeo che si rispetti) a tradirlo. Senza la grazia e la poetica genuinità di un Troisi, Siani si trova a dover girare un ruolo da “teatro delle marionette” al quale egli per primo non sembra credere, al di là di qualche frammentaria gag. Se infatti nel film capostipite gli eccessi macchiettistici apparivano lievemente ammortizzati da una certa atmosfera caciarona e surreale dell’ambientazione meridionale, nel contesto metallico ed eccessivamente metropolitano di questo secondo capitolo, il tutto sembra più freddo e calcolato e gira tristemente a vuoto. Il substrato umano popolare dal quale proviene Mattia (l’ultraprotettiva “mammà”, la moglie simil-Loren, gli amici scansafatiche) ancora più che nel capitolo uno oscilla tra la tenerezza e il delirio, collassando fragorosamente nel pre-finale, quando decide di migrare in massa verso la città di S. Ambrogio in un tripudio di strilli da Quartieri Spagnoli e con l’immancabile colonna sonora sopracitata. Lo stereotipo personificato regala gli ultimi assurdi colpi di coda (il giubbotto con i fendinebbia è un capolavoro, mentre immancabile è il panettone in forma di cadeau di buon augurio) viaggiando serenamente verso lo scontatissimo happy-end di osmotico arricchimento dell’esperienza umana, al di là del becero campanilismo.
A parlare è stato il botteghino e non è da escludere, considerato il prevedibile successone tanto al Nord quanto al Sud, un terzo capitolo, magari con la coppia Bisio-Siani costretta a migrare in Francia a divorare baguette nei bistrot adiacenti alla Tour Eiffel. In fondo oggi più che mai ci si lamenta per l’assenza delle produzioni di genere nel cinema italiano e prodotti come Benvenuti al nord possono essere ben accolti nello scarno panorama della fantascienza.

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