UNA SU 13 (1969) di Nicolas Gessner e Luciano Lucignani - recensione del film


    Diciamolo subito: quando al termine del film, Mario Beretti (Vittorio Gassman), spiantato barbiere italiano trapiantato in America, si scopre a sua insaputa inventore di una lozione per la ricrescita dei capelli dal valore milionario ci ritroviamo inconsapevolmente a pensare cosa il film sarebbe potuto essere se, come nella lozione, gli elementi del film fossero stati mescolati e dosati diversamente.
    E sì, perché questo ‘Una su 13’, oltre ad essere passato tristemente alla storia come l’ultimo film interpretato da Sharon Tate, trucidata qualche mese dopo il termine delle riprese, appare soprattutto come una grande occasione sprecata, un grande buco nell’acqua. E così dopo le mille peripezie tra l’Inghilterra e l’Italia, i tanti personaggi che contornano il film, l’atmosfera pop, l’Austin Mini Moke gialla e la principesca villa con piscina, quello che resta nello spettatore, né più e né meno, è quello che si vede nell’ultima inquadratura del film: la sconcertante folta peluria che adorna il busto in pietra del disegnatore di sedie George Applewhite e la grande sensazione che non tutto sia filato per il verso giusto.

    ‘Una su 13’, per chi non lo sapesse, non gira intorno a barbe, capelli o parrucche, ma intorno alle sedie disegnate da Applewhite: 13 sedie d’epoca, che è ciò che resta di una ricca eredità lasciata al barbiere dalla zia inglese e prosciugata dal fisco in men che non si dica. 13 sedie prontamente vendute ad un antiquario per scoprire subito dopo che nell’imbottitura di una di esse vi sono nascoste ben 100.000 sterline esentasse! Troppo tardi per poter recuperare il malloppo? Forse…
    ‘Una su 13’ nasce da un soggetto di Antonio Altoviti, esperto produttore, tra le altre cose, di Totò e Carolina e de La donna scimmia. L’idea di Altoviti è quella di manipolare il romanzo russo ‘Le dodici sedie’ di Il'f e Petrov, per farne una veloce e scatenata commedia moderna (operazione tutt’al contrario sarà invece quella di Mel Brooks dell’anno successivo che fa il suo Il mistero delle dodici sedie fedele al romanzo originale, puntando a far ridere lo spettatore proprio in virtù dello stravagante contesto). La produzione franco-italiana affida la regia all’estroso regista ungherese Nicolas Gessner, (Allarme in cinque banche; la bionda di Pechino), e gli affianca Luciano Lucignani, amico di lunga data di Gassman: compagno dai tempi dell’accademia d’arte drammatica, fidato collaboratore nel cinema (Kean – Genio e sregolatezza, L’Alibi), vice direttore del Teatro Popolare Italiano (i due scriveranno insieme anche il saggio Cinque modi per conoscere il teatro).
    Sulla scelta degli attori si punta a nomi di un certo calibro (su tutti Orson Welles e Vittorio De Sica, ma anche Terry Thomas e Mylen Demongeot) ai quali vengono affiancati giovani promesse (John Steiner, Tim Brooke-Taylor, Ottavia Piccolo). Ma la carta vincente, la carta decisiva si chiama Sharon Tate, bellissima, bravissima, brillante: eppure…Eppure, una volta in azione, la coppia Gassman-Tate, non funziona quanto ci si aspetterebbe, anzi, complice la sceneggiatura, non funziona proprio… tornando alla lozione per capelli, tra loro sembra mancare l’alchimia giusta. Cos'ha la sceneggiatura che non va? Ci mettono le mani un po’ tutti (Antonio Altoviti, Marc Behm, Lucia Drudi Demby, Nicolas Gessner, Luciano Lucignani e Denis Norden)…ma quel che ne viene fuori è un bel pasticcio: Tim Brooke-Taylor, comico inglese che di lì a poco sarebbe diventato una celebrità oltremanica nello spassoso trio dei Goodies, risulta irritante nel ruolo dell’antagonista gay; Ottavia Piccolo (Stefanella), giovane di buona famiglia disinibita e incline alle relazioni complicate, lascia non poco perplessi; Terry Thomas nel ruolo di Albert, l’autotrasportatore assiduo lettore di romanzi erotici non è che una presenza piuttosto impalpabile; gli stessi Orson Welles, il teatrante Markau, Vittorio De Sica, il ricco imprenditore papà di Stefanella, John Steiner, il giovane e ambizioso antiquario, e Mylen Demongeot, la prostituta svampita, sono personaggi appena abbozzati e tutto sommato marginali.



    Alla fine del film, cosa si salva? A mio avviso si salvano due episodi inglesi: quello a teatro con Welles, veramente ben congegnato, il cui crescendo di gag con tanto di inno alla regina riesce a strappare una sincera risata d’approvazione; e quello con Mylen Demongeot, la prostituta Judy, che accoglie Gassman nella sua alcova, lo lascia amoreggiare con la sua sedia imbottita, si fa pagare la prestazione e versare i contributi per la sua portinaia, in una soprendente anticipazione di ‘Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e non avete mai osato chiedere’ di Woody Allen.
    Che dire in conclusione? Il giudizio finale sul film non risulta molto lusinghiero…io, personalmente lo consiglio solo agli estimatori di una certa commedia sgangherata. Se alla lunga però il tema di Rustichelli vi farà lo stesso effetto stucchevole delle molle che saltano una volta squartate le sedie sbagliate non dite che non eravate state avvertiti!

    Regia: Nicolas Gessner, Luciano Lucignani; Soggetto: Nicolas Gessner, Lucia Drudy Demby, Antonio Altoviti; Sceneggiatura: Nicolas Gessner, Lucia Drudy Demby, Antonio Altoviti; Interpreti: Vittorio Gassman (Mario), Sharon Tate (Pat), Orson Welles (Markan), Ottavia Piccolo (Stefanella De Seta), John Steiner (Stanley Duncan), Gregoire Aslan (psichiatra), Tina Brooke Taylor (Jackye), Catana Cayetano (Veronique), Marzio Margine (Pasqualino), Vittorio De Sica (De Seta), Mylène Demongeot (Judy), Terry-Thomas (Albert), Claude Berty (Umberto), Michèle Borelli (Rosy), Sandro Dori (un avvocato), Antonio Altoviti (Greenwood), Alfred Thomas (funzionario Ambasciata), Alfredo Colzi, Corrado Olmi, Mirella Panfili, Jole Marinelli, Luigi Bonos, Piero Gerlini, Edda Albertini, Mimmo Poli (maggiordomo dei De Seta), Tom Felleghi, Maurizio Fiorini; Fotografia: Giuseppe Ruzzolini; Musica: Carlo Rustichelli; Costumi: Franco Carretti; Scene: Piero Poletto; Montaggio: Giancarlo Cappelli; Suono: Aldo De Martino; Produzione: Compagnia Cinematografica e Finanziaria (C.E.F.), C.O.F.C.I., Paris; Distribuzione: Italian International Film; censura: 54615 del 30-09-1969; Altri titoli: 12+1, 12+1, Zwölf plus eins, Twelve Plus One.

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