KINSKI PAGANINI (1989) di Klaus Kinski - recensione del film




Lo hanno chiamato pazzo, depravato, violento, irascibile, maledetto, luciferino, egoista, accentratore, animalesco,e in ogni maniera negativa vi possa venir in mente, l'unico aggettivo che gli calza a pennello è istintivo. E con la sua istintività' Kinski si piazza in mezzo a tutto questo ipocrita mondo cinematografico (ma non solo) come una bomba, messa li' dalle mani del pazzo destino, pronta a esplodere in qualsiasi momento e situazione, e lo fa' "scegliendo" non un personaggio"fantastico" come Nosferatu, o un qualsiasi altro personaggio "sopra le righe"gia' interpretato nella sua lunga carriera cinematografica, bensi', al contrario, "incarnando" (letteralmente) un personaggio che potesse riassumere in una volta sola tutti quei personaggi (o le loro sfaccettature) senza per questo essere "gia' stato visto", ma sopratutto, ed è qui la genialita'di Kinski, un personaggio non "cattivo" o "ambiguo" in partenza, ma uno su cui si sprecava chiacchericcio vario(oggi diremmo gossip) per il suo talento e la sua condotta di vita: Paganini, uno che si diceva avesse fatto un patto col Diavolo per suonare in quel modo, e dalla condotta di vita sregolata e immorale, in realta' Paganini era affetto da una sindrome marfanoide, patologia che colpisce l'elastina della matrice extracellulare.
Questo spiega la sua nota aracnodattilia (dita estremamente lunghe e mobili), che gli ha permesso di arrivare a livelli di esecuzione tecnica insuperati, e per cio'che riguarda la sua "cosidetta condotta immorale", basta una semplice e approfondita ricerca. Trovato l'alter-ego ideale, Kinski, dopo vari rifiuti da registi con cui aveva lavorato, decide di farselo da solo il film, e siccome ogni opera è figlia del proprio creatore, quello che ne esce fuori è un qualcosa, a detta di molti,anzi di tutti, assolutamente delirante. Questo a detta di "tutti", a detta del sottoscritto, che prova a guardare oltre, le cose non stanno proprio cosi'. Innanzitutto perche'i vari "TUTTI" dovrebbero guardare in casa propria prima di giudicare, secondo poi perche' "tirare" su Kinski, era la cosa piu'semplice del mondo (cinematografico e non), sopratutto dopo la sua dipartita. Kinski, invece, secondo me, fa'sua la lezione (o meglio, l'inconsapevole suggerimento) di un altro grande del cinema troppo spesso dimenticato: Pierre Clementi. L'opposto di Kinski per modi e maniere, ma nello stesso tempo un'altra anima tormentata e irrequieta,Clementi (che con Kinski giro' "New & Old"nel 1978/79), aveva girato dei film sperimentali, spesso autobiografici e con la partecipazione dei suoi familiari, Kinski/Paganini si basa sullo stesso principio, naturalmente filtrato dalla visione della vita e delle cose del suo Autore. Ecco il perche' di quel "montaggio"cosi' "delirante" e "assurdo", la partecipazione del figlio Nikolai, e di Debora Caprioglio, all'epoca Kinski. Finalmente liberato dalle briglie e che finora lo avevano obbligato ad un "cinema di altri" (siamo alla fine della sua carriera), Kinski esercita finalmente la propria libertà artistica con un urlo liberatorio, istintivo,senza lacci ne catene, proprio come era Lui, al contrario di tutti i suoi "addomesticati" e ipocriti detrattori. Per "capire"appieno "Kinski/Paganini" il consiglio è quello di vederlo nel dvd tedesco della SPV che contiene anche la versione originale di 95min e il making-of del film.


Per finire un articolo del 1988 dal corriere della sera:
 KINSKI: HO MILLE ANIME ADESSO SONO PAGANINI
 ROMA - Lasciate fuori le scarpe voi che entrate nella grande casa di Klaus Kinski, ché la polvere della strada potrebbe contaminare il candore immacolato dei tappeti, bianchi come le pareti e i pochi divani che costituiscono l' unico arredamento della casa. Kinski ama le case vuote, ha bisogno di grandi spazi liberi, perché lui è anche un uccello, un' aquila. E come un uccello agitato e irrequieto non riesce a fermarsi, si muove continuamente, con il suo corpo magro e agile che il tempo non ha appesantito. Gli anni, 62, se mai si leggono sulla sua straordinaria faccia da cinema, scavata e scolpita di segni, che esaltano l' azzurro dello sguardo, pronto sempre ad accendersi di sfida ironica e sprezzante. Succede quando parla di Cannes quel festival di venduti, di autori e registi generalmente definiti cretini, siano von Trotta, che con quei suoi film ridicoli io chiamo Trottola o Kubrick quello scemo che gira la stessa scena trenta volte. Peggio se l' argomento è Herzog, che un tempo significava un incontro con me stesso e che adesso, da quando l' ho preso a calci durante Fitzcarraldo e l' ho visto trattare come schiavi le comparse di Cobra verde tenendole con le catene al collo sotto il sole del Ghana per sedici ore e facendo frustare le ragazze solo perché chiedevano il dollaro e mezzo promesso dalla produzione, ha avvisato di tenersi almeno a 200 metri di distanza da lui, perché puzza e perché lo ammazzo. Ma quello stesso sguardo è pronto ad illuminarsi di disarmante dolcezza, ad esempio quando presenta la sua ragazza veneziana. Si chiama Debora Caprioglio, ha 20 anni. Una sera di due anni fa, a Venezia, è entrata in un ristorante e improvvisamente tutto ha acquistato luce e vita. Ho sentito che non ci saremmo più lasciati. Nella vita e nel cinema. Amata e tradita dal Maestro Debora, che al cinema non aveva mai pensato, adesso ci è entrata alla grande, interpretando Antonia Bianchi, la moglie tanto profondamente amata e tanto impunemente tradita da Niccolò Paganini, o più precisamente Kinski-Paganini. Non potrebbe che intitolarsi così il film che Kinski ha finalmente realizzato, protagonista e regista, sul più grande violinista del mondo e di tutti i tempi. Perché io non interpreto Paganini, io sono Paganini, così come sono stato Rimbaud, Aguirre, Nosferatu, Fitzcarraldo, Villon, Woyzeck. Non ho mai studiato la reincarnazione, la verifico ogni volta, ho dentro di me le anime di milioni di persone, di cose, di animali. Di Paganini ho sentito parlare da bambino, mi seduceva il suono della parola, avrebbe potuto essere un fiore, un insetto, qualunque cosa. Poi, un giorno di tanti anni fa, per le strade di Vienna, sono stato rapito dall' immagine di un volto scarno e febbricitante, un piccolo ritratto tra violini e spinette nella vetrina di un negozio di strumenti musicali. Sono rimasto a guardarlo per ore, sono entrato e ho chiesto chi fosse: sapevo che era lui, Paganini. Del progetto di questo film, Klaus Kinski parla da almeno dieci anni e finalmente è riuscito a realizzarlo, prodotto da Augusto Caminito con Reteitalia, girato a Parma, a Venezia, in Sicilia, in palazzi sontuosi che mantengono inalterato lo splendore di due secoli fa. Oltre a Debora, c' è un altro famigliare di Kinski, suo figlio Nikolas che interpreta Achille, il bambino del musicista. Avrebbe dovuto esserci anche Nastassja, ma poi ha rinunciato. Continuo a provare lo stesso affetto di sempre, le mie braccia sono sempre aperte per lei, anche se oggi vive circondata di cretini che non voglio neanche nominare. A doppiare il magico suono di Paganini è il violinista Salvatore Accardo. Se qualunque conversazione con Klaus Kinski, nato Klaus Gunther Naksynski, diventa generalmente un suo inarrestabile, suggestivo monologo, in cui le domande suonano superflue, sul tema Kinski-Paganini l' attore regista si appassiona con tale fervida veemenza che ogni interruzione sarebbe addirittura fastidiosa. Il film è finito, l' ho visto centinaia di volte e ogni volta mi sconvolge la stessa emozione. E' una favola piena di magia, il racconto di un' esistenza ripercorsa all' indietro durante un concerto a Parma, il primo videoclip del cinema, scene e sequenze che si susseguono per associazione. Abbiamo girato al Regio, illuminato da tremila candele e, quando Accardo mi ha visto, anche lui ha esclamato ' Ma è proprio tornato Paganini!' . Mi ha confessato che aveva fatto anche sedute spiritiche per richiamare lo spirito di Paganini, ma invano. Al massimo erano riusciti ad evocare il suo avvocato. Le candele sono la sola luce del mio film. Ho sempre detestato i gruppi elettrogeni e la violenza delle luci artificiali sul set. Quello stupido di Herzog ha illuminato la giungla con i riflettori! Io ho voluto ricreare la stessa atmosfera di 150 anni fa, quando gli ambienti erano illuminati dalle candele. Per gli esterni basta la luce naturale. Ho comprato migliaia di candele, tutte in Vaticano. Gli abbiamo dato tanti di quei soldi che dovrebbero rivalutare Paganini, a cui fu negata la sepoltura. Un' altra cosa che ho sempre detestato sul set è il ciak. Io non l' ho mai usato. Abbiamo avuto difficoltà a montare i 93 mila metri di pellicola che ho girato, tre volte di più di un film cosiddetto normale, ma ho evitato durante le riprese l' irritazione di quello che viene a interrompere la concentrazione per battere il ciak. Il mio primo film?! Gli altri, tutti gli altri, 150 o 180 neanche mi ricordo, li ho fatti sempre io, come volevo io, anche se non li ho firmati come regista. Non ho mai rispettato nessuno, né posso dire di aver imparato da qualcuno, se mai dai vecchi film classici, oppure da Eisenstein e Kurosawa. Gli altri non hanno nulla da insegnarmi, né i grandi registi con cui ho lavorato, né quelli dei film brutti che ho fatto. E' vero, ne ho fatto tanti, come una puttana mi sono venduto per soldi, ma ho sempre scelto io a chi vendermi e a quale prezzo. Che fosse un film di prima categoria, o di seconda o di terza, ho dato me stesso con lo stesso impegno, con la stessa voglia di dare emozione. Non so se c' entra la mia infanzia povera, segnata dal rumore ossessivo e incessante della macchina da cucire con cui mia madre confezionava ad ogni ora del giorno e della notte borse di stoffa gommata per rimediare qualche soldo in più, però il mio rapporto con il denaro è molto particolare. Servono per comprarmi la libertà, per me sono un elemento naturale, come l' aria, la luce, l' acqua. Posso pretendere centinaia di sterline da una dama inglese che vuole intrattenere i suoi ospiti con il monologo dell' Amleto ed esibirmi per un bicchiere di vino sul tavolo di una bettola piena di ubriaconi che faccio commuovere con Villon. Paganini si comportava allo stesso modo. Era perseguitato dai debiti al gioco, si narravano leggende sul suo bisogno di soldi e sulla sua avarizia, si diceva che per trent' anni avesse indossato lo stesso pastrano. Ma poi suonò gratis per aiutare Berlioz e, per tenersi il figlio Achille, pagò alla madre una cifra pazzesca. Macché diabolico, povero Paganini! Qualcosa di soprannaturale Era l' espressione della musica stessa, il suo corpo ne viveva le vibrazioni, bruciante sempre di febbre, evocava qualcosa di soprannaturale. Dava così totalmente se stesso quando suonava, che ne usciva sfinito, distrutto da crisi che sembravano epilettiche. Come lui, anch' io non sento radici. Lui apparteneva alla sua musica. Io non sono né polacco, né tedesco, preferirei essere russo, il carattere russo mi corrisponde meglio. Ma non ho nostalgie per nessun paese, sto bene ovunque ci sia gente che mi piace, ovunque posso trovare un albero o un fiore che può rendere bello il mondo, ovunque ci sia amore. L' amore e il sesso sono ovunque, anche un oggetto può offrire sensualità, quella della persona che l' ha costruito o semplicemente toccato, l' importante è accorgersene. Purtroppo nel mondo di oggi non si comunica più, si sta smorzando la capacità di cogliere l' amore. Per lui, per Klaus Kinski, l' amore, come il denaro, come la possibilità di essere un' aquila o Paganini, è un elemento naturale. Non a caso, in autunno, insieme a Kinski-Paganini, uscirà in America la sua seconda biografia. La prima si intitolava Sono pazzo per la tua bocca di fragola. Questa si chiama All I need is love: tutto quello che mi serve è amore.


Regia/ Klaus Kinski; Soggetto/ Klaus Kinski; Sceneggiatura/ Klaus Kinski; Interpreti/ Klaus Kinski (Nicolò Paganini), Debora Kinski (Antonia Bianchi), Nikolai Kinski (Achille Paganini), Dalila Di Lazzaro (baronessa), Bernard Blier (Caffarelli), Marcel Marceau (Mime), Donatella Rettore (miss Wells), Eva Grimaldi, Beba Balteano (Carol), Tosca D'Aquino (Angiolina), Fabio Carfora, Andrè Thorent, Feodor Chaliapin jr., Vittorio Ciorcalo, Niels Gullov, Luigi Leoni
Fotografia/ Pier Luigi Santi; Musica/ Nicolò Paganini; Costumi/ Bernadette De Cayeux; Scene/ Massimo Lentini; Suono/ Maury Harald; Produzione/ Scena Film Production, Reteitalia, Président Films, Paris; Distribuzione/ Medusa Distribuzione; censura: 84634 del 20-04-1989

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